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La donna uccisa a Foggia si era rivolta a un centro antiviolenza: “L’ex la pedinava, lei ha fatto ciò che poteva”

Hayat Fatimi era rivolta mesi fa al centro antiviolenza dell’associazione ‘Impegno Donna’ la 46enne che la notte scorsa è stata uccisa a Foggia. La polizia sta cercando l’ex compagno, principale indiziato, con cui aveva avuto una breve relazione. “Stava facendo un percorso e noi abbiamo fatto le segnalazioni del caso. Non possiamo sostituirci alla magistratura”, ha detto a Fanpage.it Francesca Vecera, coordinatrice del CAV.
A cura di Eleonora Panseri
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Hayat Fatimi si era rivolta mesi fa, ad aprile, al centro antiviolenza dell'associazione ‘Impegno Donna' la 46enne che la notte scorsa è stata uccisa a coltellate a Foggia. La polizia sta cercando l'ex compagno della donna, con cui aveva avuto una breve relazione che si era trasformata in un incubo e che ora è il principale indiziato.

L'uomo si era mostrato violento durante il periodo in cui i due erano stati insieme e per questo la vittima aveva chiuso la storia. Ma lui la importunava seguendola e minacciandola. Così le operatrici del centro erano riuscite a convincerla a denunciarlo, cosa che la 46enne aveva fatto lo scorso maggio.

"La signora si era rivolta a noi, stava facendo un percorso e noi abbiamo fatto tutte le segnalazioni del caso, tutto quello che potevamo fare. Altre cose purtroppo non dipendono dai centri antiviolenza ma dalla magistratura. Noi non possiamo fare il loro lavoro", ha commentato a Fanpage.it Francesca Vecera, coordinatrice del CAV a cui si era rivolta la 46enne.

"Noi abbiamo fatto quello che dovevamo fare, compresa la valutazione del rischio, e ci siamo rivolti a chi di dovere. Ci siamo rivolti alla forze dell'ordine, questo glielo posso garantire", aggiunge.

Infatti, a quanto si apprende, il 16 giugno scorso il centro antiviolenza avrebbe inviato alle forze dell'ordine una valutazione di rischio alto con possibile femminicidio e fino al 23 luglio, giorno in cui Hayat si era rivolta nuovamente al centro antiviolenza dicendo che l'uomo la pedinava, non era stato ancora emesso alcun provvedimento.

"Ci sembra di combattere contro i mulini a vento, facciamo il nostro ma noi siamo una piccola parte della rete. Se le donne si rivolgono a noi e alla magistrature, fanno una denuncia e a questo non segue un aiuto da chi dovrebbe darlo. – prosegue VeceraSe potessimo emettere noi gli ordini restrittivi, lo faremmo, ma non possiamo".

E conclude: "Si dice sempre, con il senno di poi, che la signora avrebbe potuto fare questo o fare quest'altro. Ma lei ha fatto tutto quello che poteva fare. Poteva esserci un altro epilogo? Lo abbiamo sperato fino alla fine".

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