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La denuncia di una prof siciliana: “Costretta a scegliere tra insegnare ed essere una madre presente”

Daniela, 46 anni, docente di Storia e Filosofia al liceo racconta a Fanpage.it la sua situazione ed esprime la frustrazione nei confronti di un sistema che non le consente di insegnare e, allo stesso tempo, di seguire adeguatamente suo figlio: “Non sono riuscita a ottenere l’assegnazione provvisoria, ho una cattedra a 3 ore di macchina da casa. Ho fatto tanti sacrifici ma oggi tra la scuola e mio figlio scelgo la mia famiglia”.
A cura di Eleonora Panseri
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Immagine di repertorio.
Immagine di repertorio.

"Siamo costretti a lavorare fuori casa con lo stipendio che rimane sempre lo stesso, investendo denaro ma anche sentimenti, famiglia, figli. Quando non ci concedono assegnazione, dobbiamo lasciare tutto quello che abbiamo o portarci tutto dietro, e non sempre è fattibile".

A parlare a Fanpage.it è Daniela, 46 anni, docente di Storia e Filosofia al liceo. Ha scritto al nostro giornale per raccontare la sua situazione e per esprimere la frustrazione nei confronti di un sistema che non consente a una docente, madre e lavoratrice, di insegnare e, allo stesso tempo, di seguire adeguatamente suo figlio.

"La mobilità è davvero folle, non si può regolamentare un passaggio di trasferimento che dà priorità prima a quelli che abitano nel Comune, poi nella provincia e infine a coloro che sono interprovinciali che devono aspettare solo se rimane qualcosa, visto che ci sono anche tante 104″, ci spiega.

"Ho un bambino di 6 anni e un marito che è spesso fuori per lavoro. Ora dovrò prendere congedo parentale e lasciare i miei ragazzi che saranno nuovamente a supplenza, a discapito della continuità didattica", aggiunge.

Infatti, dopo essersi laureata in Filosofia e aver ottenuto l'abilitazione, Daniela ha cominciato a fare supplenze: "Ovviamente, erano in tutta la provincia di Palermo (dove lei risiede, ndr), mi sono fatta più di 10 anni di precariato".

"Poi ho fatto il concorso su base regionale e per scorrimento sono finita in provincia di Catania. Quell'anno ero incinta di mio figlio e sono entrata in maternità", ci racconta ancora.

"Da lì ho cominciato ad avere assegnazione provvisoria, sempre a Palermo, avendo anche due scuole. L'anno scorso facevo la trottola. Avere assegnazione, con un figlio e senza 104, non significa mai lavorare sotto casa perché avevo sempre cattedre spezzate o in provincia", prosegue Daniela.

"Per me andava bene così, nonostante le spese fossero importanti. Quest'anno però non sono riuscita a ottenere l'assegnazione provvisoria (il trasferimento temporaneo, ndr) e mi trovo con la cattedra a tre ore di macchina. Quindi, chiederò un periodo di congedo e di aspettativa, rinuncio allo stipendio perché è più importante mio figlio".

La 46enne, ci spiega, di aver pensato di portare con sé il figlio ma "dovrebbe lasciare la scuola". In più, il bimbo ha iniziato un percorso di logopedia, "lo stiamo seguendo perché potrebbe avere un po' di dislessia. E io dovrei fare tutto questo per cosa? Per avere, su 1600 euro di stipendio, mille di spesa e un marito lontano da nostro figlio", ci dice.

"Ho passato più di due settimane a piangere e ad avere incubi all'idea di dover lasciare mio figlio, di dovermene andare da sola. Ci sono donne che riescono a fare questa scelta ma non siamo tutti uguali. Non si può chiedere agli insegnanti di fare queste scelte, non è giusto nei confronti di nessuna donna e di nessun lavoratore", aggiunge Daniela.

"Se ci fosse un ritorno economico, penserei: ‘Faccio un sacrificio oggi e investo per il futuro di mio figlio'. Ma se di quello che guadagno devo spenderne la metà perdendo la serenità e la salute, rinuncio a questo stipendio. E non è giusto nei confronti di una persona che tutta la vita ha pagato tasse universitarie, ha studiato. Oggi ho 46 anni, non ne ho più 26″.

Daniela ha provato a rivolgersi anche ai sindacati per capire come risolvere questa situazione. Le risposte che ha ricevuto l'hanno gettata ancora di più nello sconforto.

"Mi sono sentita dire di iscrivermi al Tirocinio Formativo Attivo per il Sostegno: ‘Così riesci a ottenere l'assegnazione'. Come se i ragazzi invalidi fossero il nostro paracadute. – ci spiega – Io non sono portata per il sostegno, l'ho fatto un anno perché si poteva fare con le supplenze ma questi ragazzi hanno bisogno di gente preparata e che ci mette il cuore".

"Se mio figlio fosse disabile, vorrei che accanto a lui si sedessero persone preparate. Io ne ho viste di persone che stanno seduti accanto a questi ragazzi con il cellulare in mano tutto il giorno", commenta ancora.

La docente ci racconta che i ragazzi che ora sarà costretta a lasciare le scrivono dispiaciuti perché avrebbero voluto concludere il percorso con lei: "Sono a casa e non è facile perché non sono abituata. Devo mettermi in aspettativa anche se il mio stipendio serve alla nostra famiglia".

"Non vedo prospettive future perché i sindacati mi hanno anche detto che il trasferimento non lo vedrò prima di 6 anni. Non ho i punti per ottenerlo. Sto cercando soluzioni alternative ma provo una grande amarezza perché nessuno ha interesse a rivedere il contratto di mobilità", ci dice ancora Daniela.

"Nessuno ne parla, per tutti i docenti sono quelli che lavorano solo la mattina. Ma io mi sono trovata a tornare a casa alle 21 quando avevo consigli di classe, collegi, scrutini, perché lavorando in provincia rimanevo bloccata nel traffico", commenta la 46enne.

"Quest'anno non lo farò, tra la scuola, mio figlio e mio marito scelgo la mia famiglia. Così un giorno crescerà e potrà dire che è stato con sua madre. Lascio lo stipendio, rinuncio ai contributi, ma io rimango con mio figlio".

La nostra redazione riceve lettere e testimonianze relative a storie che riguardano il mondo del lavoro. Decidiamo di pubblicarle non per dare un'immagine romantica del sacrificio, ma per spingere a una riflessione sulle condizioni e sulla grande disparità nell'accesso a servizi essenziali. Invitiamo i nostri lettori a scriverci le loro storie cliccando qui.

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