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La cisti ignorata, il tumore trascurato: 47enne muore, due medici rischiano processo a Taranto

I due medici – uno in servizio presso la clinica Villa Verde e l’altro all’ospedale di Martina Franca – risultano indagati per omicidio colposo in concorso. Secondo l’accusa, avrebbero omesso di prescrivere accertamenti diagnostici di secondo livello – in particolare una TAC con mezzo di contrasto – ritenuti fondamentali per una corretta identificazione e classificazione della lesione renale riscontrata, sospettata di essere di natura maligna.
A cura di Biagio Chiariello
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Immagine di repertorio.
Immagine di repertorio.

Due medici della provincia di Taranto rischiano il processo per omicidio colposo in cooperazione, in relazione al decesso di un uomo di 47 anni, avvenuto il 19 aprile 2019. Secondo l’accusa, i due professionisti – uno in servizio presso la clinica Villa Verde e l’altro all’ospedale di Martina Franca – avrebbero omesso di prescrivere accertamenti diagnostici fondamentali, impedendo così la diagnosi di un tumore renale e l’eventuale accesso a cure appropriate.

A pronunciarsi è stato il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Taranto, Pompeo Carriere, che ha disposto l’imputazione coatta nei confronti dei due sanitari. Il provvedimento arriva dopo che, il 30 ottobre 2024, il pubblico ministero aveva avanzato una richiesta di archiviazione del procedimento. La decisione è stata però contestata dai genitori della vittima, assistiti dagli avvocati Vincenzo Farina e Giuseppe Torsello, i quali si sono opposti motivando l’insufficienza dell’indagine.

Nel corso dell’udienza camerale del 10 aprile scorso, il giudice ha accolto l’opposizione della parte civile e ordinato un supplemento istruttorio. In particolare, ha disposto una consulenza tecnica collegiale da parte di esperti in medicina legale e oncologia, incaricati di esaminare la gestione clinica del caso nel periodo compreso tra il 2015 e il 2017.

Secondo la relazione peritale, i due medici si sarebbero resi responsabili di una condotta gravemente negligente. In almeno tre occasioni, pur avendo rilevato la presenza di una cisti renale sospetta – già nel gennaio 2015, al primo esame ecografico, risultava superiore ai 7 centimetri e classificabile come potenzialmente maligna secondo la scala di Bosniak – non prescrissero ulteriori accertamenti diagnostici, come una tomografia computerizzata con mezzo di contrasto.

Anche gli esami successivi, eseguiti nel 2016 e nel 2017, confermarono la persistenza della lesione, che avrebbe richiesto una valutazione urologica approfondita. Tuttavia, i medici non mutarono l’approccio clinico, lasciando il paziente privo di un iter diagnostico e terapeutico adeguato.

Il mancato approfondimento, secondo il Gip, ha compromesso la possibilità di intervenire tempestivamente con cure potenzialmente salvifiche. Sebbene gli esperti non abbiano potuto stabilire con certezza assoluta il nesso causale tra l’omissione medica e il decesso, la consulenza ha comunque evidenziato un’“alta probabilità logica” che un trattamento precoce avrebbe potuto prolungare la vita del paziente o alleviarne la sofferenza.

Alla luce di questi riscontri, il Gip ha rigettato la nuova richiesta di archiviazione presentata dalla Procura e ha ordinato l’imputazione coatta dei due indagati, che ora dovranno rispondere del loro operato in sede giudiziaria.

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