Infermiera killer, Cassazione annulla scarcerazione: “Ma non tornerà in cella”

Un fulmine a ciel sereno, che potrebbe ribaltare le sorti di Fausta Bonino, al centro di un'inchiesta che la vede indagata per aver procurato la morte di 14 pazienti degenti all'ospedale di Piombino, dove lei all'epoca lavorava, che avrebbe ucciso – stando alla tesi della Procura – iniettando loro una dose di eparina, un potente anticoagulante. In seguito alla scarcerazione disposta dal tribunale del Riesame di Firenze, Fausta Bonino – conosciuta al grande pubblico come "l'infermiera killer di Piombino" – era tornata nella sua casa di Piombino dopo ventuno giorni di detenzione nel carcere Don Bosco di Pisa. Secondo il Riesame, l'ordinanza di custodia cautelare che venne emessa per richiedere la carcerazione della cinquantacinquenne toscana era priva di "elementi indiziari connotati di gravità, precisione e concordanza" e per questo motivo decise di scarcerarla.
Oggi, però, la Corte di Cassazione, cui si era rivolta con un ricorso la Procura di Livorno, ha annullato la scarcerazione e disposto il rinvio della pratica al Riesame, affinché i giudici possano approfondire nuovamente il caso ed, eventualmente, confermare la precedente decisione o disporre il ritorno il carcere. "Per la procura di Livorno è una vittoria di Pirro. Non cambierà niente e Fausta Bonino non tornerà in carcere. Lei è serena anche se c'è rimasta male come tutti noi: non si aspettava questa decisione", ha dichiarato l'avvocato dell'infermiera, dottoressa Cesarina Barghini, commentando la decisione della Cassazione. "Non conosco ancora le osservazioni della Cassazione, ma certo non ci sono, dopo sei mesi, esigenze cautelari: non è scappata e non ha ucciso nessuno", ha concluso l'avvocato.
Intanto le indagini proseguono e a fine mese verranno riesumate le salme di alcune delle vittime per eseguire ulteriori esami autoptici, approfondimenti ematologici e farmacologici che possano fornire ulteriori indizi. Delle quattordici vittime, però, solo 8 persone sono state tumulate, mentre le restanti sei sono state cremate, rendendo dunque impossibile eseguire ulteriori esami.