Indagine su Unabomber verso l’archiviazione, l’ex procuratore: “Giusto riaprire il caso ma resterà irrisolto”

"Provo amarezza come ex magistrato e come cittadino, e non è la prima volta che succede. Non si tratta dell’unico caso irrisolto che ho seguito. Anch’io speravo che le nuove tecniche scientifiche e l’evoluzione della genetica, in grado di estrarre il Dna da frammenti microscopici, potessero portare a qualcosa di nuovo".
A parlare è Antonio De Nicolo, l'ex procuratore di Trieste, oggi in pensione, che il 21 novembre 2022 ha deciso di riaprire le indagini sul caso di Unabomber, l’attentatore mai identificato che dal 1994 al 2006 mise in atto decine di attentati dinamitardi tra Friuli-Venezia Giulia e Veneto, terrorizzando l'Italia intera e causando feriti, anche gravi.
Dopo due anni e mezzo di analisi scientifiche, il caso sarà probabilmente archiviato di nuovo: il Dna trovato su alcuni reperti, infatti, non corrisponderebbe ai profili genetici degli 11 indagati.
"La mia era una speranza, non una certezza. Se si aprissero solo le inchieste con l’esito atteso, dovremmo avviarne una su dieci. Mi sono confrontato con il sostituto procuratore Federico Frezza, che mantiene l’incarico e aveva seguito la prima inchiesta, e siamo giunti alla conclusione di dover riaprire le indagini", ha spiegato De Nicolo al Corriere del Veneto.
Tra gli undici indagati c'è anche l'unico sospettato della prima inchiesta su Unabomber, l'ingegnere friulano Elvo Zornitta. La sua posizione era stata archiviata il 2 marzo 2009, ma, spiega l'ex procuratore, "se uno dei nuovi reperti avesse portato a lui si sarebbe riconsiderata".
"Zornitta non deve portare uno stigma a vita. – aggiunge – Non sappiamo se Unabomber sia una sola persona o se ad agire siano stati più soggetti. Ancora non abbiamo capito nemmeno perché sia sparito quattro anni, dal 1996 al 2000, per poi tornare a colpire. La prescrizione consegna alla storia un caso irrisolto".
L'unico attentato non ancora toccato dalla prescrizione è quello del 6 maggio 2006 a Porto Santa Margherita di Caorle, nel quale rimase coinvolta l'ultima vittima, l’infermiere Massimiliano Bozzo.
"È stato corretto riaprire le indagini su Unabomber per un motivo di giustizia e democrazia, pur nella consapevolezza che le aspettative erano importanti ma la bacchetta magica per soddisfarle non esiste", osserva ancora De Nicolo.
L'ex procuratore ha parlato anche del metodo utilizzato nel caso di Yara Gambirasio, la 13enne uccisa a Brembate. In quell'occasione venne prelevato il Dna a 22mila persone e così gli investigatori arrivarono a Massimo Bossetti, condannato all'ergastolo nel 208.
"Nel caso Yara sono stati considerati i residenti di una zona precisa. – ha spiegato – Per l’inchiesta Unabomber si sarebbe dovuto prelevare il Dna a tutti gli abitanti del Triveneto: numeri inimmaginabili e ora giustificabili con l’unica posizione non ancora prescritta".
De Nicolo ha concluso: "Se in Italia esistesse una Banca del Dna, con il patrimonio genetico di tutti i cittadini, si sarebbe potuto fare di più. Ma la legge lo consente solo per persone condannate o detenute e da magistrato mi devo inchinare alla legge".