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Opinioni

In Italia muoiono ancora due persone al giorno sul lavoro, ma il problema sono gli scioperi al venerdì

Anche nel 2025 i morti e gli infortuni sul lavoro continuano ad aumentare, nell’indifferenza dell’opinione pubblica, nell’inefficacia e nei ritardi delle misure del governo. E nelle battute di chi pensa che il problema è che in Italia si sciopera troppo, e per fare i weekend lunghi.
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In Italia c’è una strage silenziosa che tutti fanno finta di non vedere. A volte succede che qualcuno si svegli, intendiamoci. Magari quando a perdere la vita è un giovane, o una giovane. O quando la morte è particolarmente cruenta. O quando non ci sono altre notizie di cui parlare. E allora partono gli annunci, i “mai più”, i disegni di legge, fino a che la gente si volta da un’altra parte e buonanotte al secchio.

Avete capito di cosa stiamo parlando, vero?

Anche nel 2025 ci sono stati 657 morti sul lavoro. Due al giorno, e pure di più, visto che parliamo dei soli primi dieci mesi dell’anno. E a queste, fra l’altro, tocca aggiungere anche le 239 vittime di incidenti mortali mentre si recavano sul posto di lavoro. E, già che siamo, circa 350mila denunce di infortunio.

Si tratta di numeri che segnano un aumento, seppur leggero, rispetto allo scorso anno.

Ma non sono solo numeri. Sono persone. Giovani, anziani. Italiani e stranieri. Molto, troppo spesso muratori o operai, con stipendi bassissimi per lavori pericolosi e massacranti.
Sono il diciannovenne cui è scoppiato in faccia un tubo pieno d'ammoniaca, in provincia di Caserta.
Sono il ragazzo di 27 anni, morto schiacciato nei pressi di un nastro trasportatore nei pressi di Bergamo
Sono il 58enne sepolto da un mare di terra mentre posava una tubatura, vicino a Padova.
Sono il 63 morto mentre stoccava ecoballe, a Giugliano.
Sono il 29enne colpito alla testa da un pezzo di tornio, a Bologna.
Sono il 29enne schiacciato da un macchinario in un'azienda edile, in provincia di Rovigo.
Sono l'operaio di 66 anni rimasto intrappolato per più di dieci ore sotto le macerie della Torre dei Conti, a Roma.
Sono l'operaio di 47 morto di caldo in un cantiere stradale, vicino a Bologna.

E se avete fatto fatica a leggere queste otto storie, sappiate che ce ne sono altre 649, simili, forse ancora peggiori.

Ecco: allora forse vale la pena fare un giro sulla macchina del tempo e andare alla ricerca di dichiarazioni.

Ad esempio di quelle di Giorgia Meloni, che parlava dei morti sul lavoro come di una “vergogna per il Paese” (novembre), della sicurezza “come priorità” (luglio) o del cordoglio che “non basta” (primo maggio). Le parole tuttavia finiscono per infrangersi pietosamente sui fatti. Ad esempio, sull’inefficacia di alcune misure introdotte dal governo, o sul ritardo con cui sono stati stanziati i 650 milioni previsti per contrastare le morti sul lavoro, annunciati a maggio 2025 e che (forse) arriveranno alle imprese nel 2026. O su altre parole, come quelle sprezzanti, sui sindacati che bolla gli scioperi come occasioni per fare il weekend lungo.

Come se le condizioni di chi lavora in Italia, a partire da morti e infortuni, sino ad arrivare agli stipendi al palo, non siano cose per cui sia meritevole arrabbiarsi.
Come se basti dire qualcosa, o provare a fare qualcosa per sentirsi assolti, anche di fronte a numeri impietosi e terrificanti.
Come se la conta dei morti sul lavoro non valesse più.
Come se il primo problema del lavoro in Italia fossero davvero i venerdì di sciopero.

Ah, quasi dimenticavo: se vi state scandalizzando di fronte a questi numeri, ricordatevi che lo scorso 8 e 9 giugno, al referendum che avrebbe esteso la responsabilità di un infortunio sul lavoro anche al committente, appaltante e subappaltante, non ha votato nemmeno il 30% degli aventi diritto. E il 14% di chi lo ha fatto, ha votato per lasciare tutto com'è.

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Francesco Cancellato è direttore responsabile del giornale online Fanpage.it e membro del board of directors dell'European Journalism Centre. Dal dicembre 2014 al settembre 2019 è stato direttore del quotidiano online Linkiesta.it. È autore di “Fattore G. Perché i tedeschi hanno ragione” (UBE, 2016), “Né sfruttati né bamboccioni. Risolvere la questione generazionale per salvare l’Italia” (Egea, 2018) e “Il Muro.15 storie dalla fine della guerra fredda” (Egea, 2019) e"Nel continente nero, la destra alla conquista dell'Europa" (Rizzoli, 2024). Il suo ultimo libro è "Il nemico dentro. Caso Paragon, spie e metodi da regime nell'Italia di Giorgia Meloni" (Rizzoli, 2025)
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