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Il sequestro del piccolo Farouk, il bimbo a cui fu tagliato l’orecchio

Il 15 gennaio 1992, tre banditi fanno irruzione nella villa i Fateh Alì, gestore del quattro stelle di Portocervo, Luci di la Muntagna e portano via il piccolo Farouk, 7 anni. Il sequestro del piccolo Kassam diventerà un caso nazionale e si risolverà in circostanze mai chiarite del tutto.
A cura di An. Mar.
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Il 15 gennaio 1992 tre banditi fanno irruzione nella villa di Fateh Alì Kassam, albergatore di origini indiane. Il 35enne e sua moglie Marion Evelyn Bleriot, vengono sorpresi mentre stanno cenando nel salotto della loro casa di Portocervo (Sassari) e obbligati ad andare a chiamare i due figlioletti. La bambina viene chiusa in un armadio e il piccolo Farouk, 7 anni, viene portato via dai tre, che lo caricano in una vettura bianca con la complicità di un quarto uomo, rimasto fuori. Legati con il fil di ferro, i coniugi Kassam riescono comunque ad arrivare al telecomando che attiva la chiamata rapida alla polizia in caso di emergenza, un meccanismo predisposto dall'albergatore proprio per difendersi dal pericolo dei sequestri, assai frequenti negli anni Novanta in Sardegna.

Mentre accorre sul posto, la volante della polizia incrocia un'auto bianca che sfreccia con un bambino a bordo: è quella dei rapitori, ma non viene fermata. Quella sera i notiziari annunciano il rapimento del piccolo Farouk Kassam, nipote del Principe Karim Aga Khan IV, parentela che poi verrà smentita. L'indomani il sequestro viene rivendicato dai rapitori che chiedono a Kassam un riscatto di 10 miliardi di lire, somma che l'albergatore nega di possedere. Secondo il suo legale, il manager indiano non è proprietario dell'albergo che gestisce, il Luci di la Muntagna, ma solo copropietario al 50% e i suoi conti sarebbero in rosso. Il 35enne indiano non è neanche proprietario ella villa dove vive con la famiglia, che sarebbe di proprietà della stessa società che detiene l'altro 50% del quattro stelle. Non ci sono speranze di ottenere la liberazione del bambino dietro pagamento del riscatto richiesto, da quello che trapela, e le ricerche del covo dei rapitori sull'impervio territorio sardo si intensificano.

Il 20 gennaio papa Wojtyla lancia un "appello alla sensibilità umana e cristiana di quanti trattengono il bambino", ma i sequestratori non danno segnali di voler liberare Farouk, al quale viene chiesto di scrivere alla famiglia periodicamente. L'ultimo messaggio annuncia un gesto crudele, il taglio di un orecchio, poi effettivamente eseguito nel giugno successivo quando il lobo dell'orecchio del bambino viene inviato alla famiglia a riprova dell'esistenza in vita di Farouk, ma anche come minaccia di altre crudeli mutilazioni. Il macabro messaggio viene consegnato ai Kassam tramite il prete sardo don Luigi Monni insieme a una foto del bambino e una loro lettera che minaccia: “Fra 10 giorni un altro pezzo”.

All'avvertimento segue l'ingresso in scena di Graziano Mesina, detto Grazianeddu, omicida e sequestratore sardo con 30 anni di carcere alle spalle che annuncia di poter ottenere la liberazione di Farouk intervenendo presso i rapitori. Pluripregiudicato in libertà vigilata, Mesina aspira, con il suo interessamento, a ottenere la grazia dal presidente della Repubblica per successive condanne. Ufficialmente a chiamarlo in scena è don Sebastiano Sanguinetti, 47 anni, parrocco di Orgosolo, che invoca il suo intervento con i rapitori dell'Anonima sarda.

Mentre il bandito si propone come mediatore, il 29 giugno va in scena la cosiddetta protesta dei lenzuoli. Dopo l’appello dello scrittore, Sergio Zavoli affinché la popolazione si mobilitasse per il rilascio del piccolo, in Sardegna e sui balconi dei palazzi di mezza Italia, sventolano lenzuola con la scritta "Farouk libero". L'11 luglio, in circostanze mai chiarite del tutto le forze dell'ordine ritrovano il piccolo Farouk a pochi metri dalla grotta dove era stato tenuto prigioniero.

Secondo il direttore della Criminalpol, Luigi Rossi "Mesina non c'entra"."Comprensibile che voglia far credere di aver avuto un ruolo – commenta – Lui aspetta la grazia, ci terrebbe a crearsi dei meriti”. Mentre il piccolo Farouk torna a casa dopo aver compiuto 8 anni nelle mani dei suoi aguzzini, a settembre 1994 si apre il processo per il sequestro Kassam. Sul banco dei testimoni Marion Kassam rivela particolari scioccanti sulla prigionia "Lo picchiavano con un bastone, l’hanno costretto a rimangiarsi del cibo che aveva vomitato. Ora ha gli incubi".

Si fa largo l'ipotesi che la liberazione possa essere avvenuta durante un incontro per il pagamento di una tranche del riscatto. Antonello Zappadu, 36 anni, fotoreporter di Olbia, testimone al processo, parla del pagamento di 2 miliardi e 800 milioni per il rilascio del bambino. La somma sarebbe stata coperta in parte da Kassam e da alcuni dei suoi amici e in parte dallo Stato, secondo il supertestimone. Tra i magnati che avrebbero cooperato alla liberazione mettendo a disposizione il loro denaro, si parla addirittura di Silvio Berlusconi (al cui gruppo editoriale viene concessa la prima intervista esclusiva di Farouk) e dell'Aga Khan, ma la partecipazione di altri soggetti al pagamento non verrà mai dimostrata.

Tre dei quattro rapitori di Farouk vengono condannati, mentre gli altri due non verranno mai identificati. Matteo Boe, che secondo la letteratura del caso fu l'aguzzino che tagliò l'orecchio a Farouk, è stato scarcerato lo scorso 25 giugno, dopo che ha scontato i suoi 25 anni di pena. Il 25 novembre 2004, dopo la grazia concessagli dall'allora Presidente della Repubblica Ciampi, Mesina lasciò il carcere di Voghera. Nel 2013 verrà arrestato nuovamente perché coinvolto in un traffico di droga tra Milano e la Sardegna.

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