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Il gruppo “Mia moglie” è tornato su Facebook e ha un sistema che coinvolge Telegram

Su Facebook esistono ancora delle community attive. Intanto, le chat Telegram ammettono espressamente foto “spy”. E chi non ne pubblica viene espulso.
A cura di Chiara Garbin
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Il gruppo “Mia moglie” è ancora online. E non è il solo. L’attuale community è stata creata proprio pochi giorni dopo lachiusura della pagina originale: una rinascita automatica, come se nulla fosse accaduto.

Siamo a fine agosto, quando esplode la notizia: da anni una community di oltre 30mila utenti si scambia indisturbata foto di mogli, compagne, conoscenti, amiche, perfino figlie. Spesso ignare. Il caso destabilizza l’Italia: subito emerge un vero e proprio me too spontaneo di “ho scoperto di esserci anch’io” o “avrei potuto esserci anche io”.

Ma è solo una prima crepa nel sistema: pochi giorni dopo, è la volta di phica.net, una sorta di archivio di donne catalogate. A fine ottobre, spunta un ultimo tassello del puzzle: Cfake, una libreria di deepfake sessualmente espliciti di donne note del mondo dello spettacolo, della politica o dello sport.

Eppure, basta digitare su Facebook le stesse parole chiave per rendersi conto che il problema esiste ancora e il sistema non si è mai fermato. Il gruppo omonimo oggi ha “solo” 1885 membri e pochi post, ma è sufficiente scorrere di una riga l’elenco dei risultati per trovare altre realtà, più numerose e ben più operative: "Prestami tua moglie o tuo marito", da 3190 membri, creato nel novembre 2016; "I fans di mia moglie", da più di 3209 membri e attivo già nel giugno 2011; "Moglie in mostra", 367 membri, aperto nell’aprile 2025. Anche quando sembrano coinvolti anche gli uomini, le immagini dimostrano il contrario: il centro dell’attenzione, resta sempre la sessualizzazione del corpo femminile.

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Nessuno di questi gruppi dichiara apertamente di ammettere foto rubate ma, scorrendo gli scatti, ci si può facilmente togliere ogni dubbio. “Ti piace farle foto di nascosto? Anche io idem” è il commento che si può leggere sotto a un'immagine postata nel gruppo “Prestami tua moglie o tuo marito”.

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Da Facebook a Telegram: la migrazione perfetta

Se su Facebook resta almeno un velo di ambiguità, nelle chat di Telegram la mancanza di consenso è espressamente tollerata. Anzi, è incoraggiata.
La dinamica è semplice e segue una teoria ben nota alla criminologia, il “crime displacement”: quando un comportamento illecito viene represso in un luogo, semplicemente si sposta altrove. È esattamente ciò che è accaduto dopo lo scandalo di agosto.
L’attività si è concentrata – o meglio, si è rafforzata – nell’app di messaggistica, dove i filtri sono decisamente inferiori e la possibilità di mantenere l’anonimato sembra più garantita.

Entrare nel circuito non è difficile: basta leggere i commenti dei post di questi gruppi – compresi i pochi contenuti del nuovo “Mia moglie” – per incappare in un link d’invito a un canale Telegram. Da lì, è facile risalire a una rete di gruppi collegati, con tanto di chat di riserva e di backup, che sfiorano i duemila iscritti. Qui, le regole sono semplici e rivelatrici. Su tutte, ne domina una: per non essere “bannati”, bisogna condividere foto intime femminili, e non si può ricorrere a “foto stock”.
Il messaggio fissato in una delle chat più numerose, è netto: “Chi non posta verrà bannato automaticamente, qui si partecipa o si esce. Nessun spettatore. Nessuna eccezione”.

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Altrettanto chiaro è che in questi gruppi gli scatti rubati non sono vietati, anzi: “Potete postare roba scaricata dal web, ma solo roba amatoriale, e potete postare donne ignare”, “potete postare tutti i tipi di spy, video di ragazze prese in giro per strada, al mare, ristoranti, bagni, autogrill, cinema, bar, piscine, moglie, figlie, nipote, sorelle, amiche ignare e tutto il resto”.
Qui il confine non solo è oltrepassato: non esiste più.

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Ancora una volta, a perdere non sono gli utenti che creano i gruppi o che si scambiano le foto. Può cambiare la piattaforma, il nome del gruppo – o nemmeno quello – e anche chi lo frequenta. Ma a uscirne davvero sconfitto resta sempre il consenso delle donne. Ignorato dinnanzi alla perenne sessualizzazione di cui il corpo femminile resta sempre vittima.

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