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Uno studio scientifico rivela che il Coronavirus circolava al Nord Italia dall’inizio di gennaio

Nel Nord Italia il coronavirus era già in circolo all’inizio di gennaio, quindi ben prima della scoperta del paziente 1, il 38enne Mattia di Codogno. A rivelarlo l’ultimo studio sul tema, realizzato da un team di ricercatori, medici ed epidemiologi. Sono stati analizzati i primi 5830 casi accertati in Lombardia, tracciando i loro contatti: è stata evidenziata la capacità, da parte di ogni persona infetta, di trasmettere l’infezione a più di tre persone in media.
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A cura di Francesco Loiacono
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Nel Nord Italia il coronavirus era già in circolo all'inizio di gennaio, e dunque ben prima sia della scoperta del paziente 1, il 38enne Mattia di Codogno, sia dei due turisti cinesi trovati positivi allo Spallanzani di Roma il 30 gennaio. A rivelarlo è l'ultimo studio sull'argomento, realizzato da un team di ricercatori, medici ed epidemiologi di diverse università lombarde e che ha visto impegnate anche la direzione Sanità della Regione Lombardia, varie Agenzie per la tutela della salute lombarde e la Fondazione Bruno Kessler di Trento. Lo studio, non ancora pubblicato su una rivista scientifica ma disponibile al momento sull'archivio pubblico Arxiv, ha analizzato i primi 5830 casi confermati di Covid-19 in Lombardia all'8 marzo, raccogliendone e analizzandone i dati epidemiologici e tracciandone i contatti.

Una delle conclusioni a cui sono giunte i ricercatori è che quando, la notte del 20 febbraio 2020, venne scoperto il primo caso di Covid-19 nel paziente 1 di Codogno (che negli scorsi giorni intanto è guarito ed è tornato a casa dopo una lunga degenza in terapia intensiva), l’epidemia si era ormai già ampiamente diffusa in gran parte dei comuni del sud della Lombardia, probabilmente dall'inizio di gennaio: "A Codogno, i primi casi riportati hanno sviluppato sintomi verso la fine di gennaio 2o2o", si legge nello studio, dove però si specifica anche che, come riferito da più parti, tra il contagio e la comparsa dei sintomi può intercorrere un arco di tempo talvolta lungo, anche di due settimane.

Se non controllata l'infezione potrebbe colpire il 70-80 per cento della popolazione

Tra gli altri risultati evidenziati nello studio anche la capacità, da parte di ogni persona infetta, di trasmettere l’infezione a più di tre persone in media, e che il tempo tra un’infezione e l’altra è di circa 6,5 giorni. "Questi due numeri, combinati assieme dimostrano il potenziale esplosivo di una epidemia di Covid-19. Se non controllata, potrebbe portare all’infezione di circa il 70- 80 per cento della popolazione in pochissimi mesi, con un impatto devastante in termini di mortalità e di carico sul servizio sanitario, e sulle terapie intensive in particolare", ha spiegato uno degli autori dello studio, Stefano Merler.

Contagiosi anche gli asintomatici

La ricerca ha poi dimostrato l'alto tasso di ospedalizzati (47 per cento) e, tra essi, di persone che sono state ricoverate in terapia intensiva, il 18 per cento dei ricoverati totali. E tra gli elementi più significativi evidenziati anche la mancanza di differenze significative di carica virale tra sintomatici e asintomatici, che dimostra come anche le persone senza sintomi, ma contagiate dal Covid-19, possano potenzialmente trasmettere il virus. Lo studio, che ha evidenziato fin da subito in Lombardia i tre cluster di Lodi, Bergamo e Cremona, si conclude  anche con una buona notizia: la diminuzione della trasmibbilità già da quando, dopo il 20 febbraio, la popolazione ha saputo del primo contagio e sono state disposte le prime misure di contenimento. "È però necessario continuare con strategie di contenimento aggressive per controllare la diffusione di Covid-19 e mitigare esiti altrimenti catastrofici per il sistema sanitario", ha affermato il ricercatore della Fondazione Kessler Stefano Merler.

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