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Greta Thunberg e gli imbecilli tuttologi contro il suo autismo

In fin dei conti è molto più semplice classificare l’altro come “diverso” piuttosto che rimboccarsi le maniche: sapere in partenza che tu sei socialmente percepito come mancante in qualcosa, come svantaggiato rispetto a me, è rassicurante e fa sentire più bravi e più capaci. Più giusti e al sicuro.
A cura di Iacopo Melio
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Raccomandata viziata illusa rompipalle inquietante e autistica. Letto così, tutto d’un fiato, come fossero insulti equidistanti tra loro. Sono solo alcune delle definizioni appioppate a Greta Thunberg da quando, negli ultimi mesi, la ragazzina ha scatenato un effetto domino di legioni di imbecilli tuttologi e scienziati-da-divano, subito pronti a riprodursi per scissione come batteri per poi dividersi tra pro e contro.

Rattrista come a sollevare i pregiudizi più alti siano proprio le generazioni più vecchie, quelle con maggiori responsabilità sulle spalle circa il problema ambientale e l’apparente – ma neanche troppo – mancata volontà di trovare soluzioni e porre o proporre rimedi. Si scade dunque nel benaltrismo, che guai a mettersi in discussione una buona volta, gridando subito al complotto e alla moda, al personal branding di povera figlia “ritardata” burattina della fame dei genitori.

Si finisce coi poteri forti, che quelli non mancano mai come dessert. E con il marketing 2.0 perché adesso esce pure il libro e figurati se non usciva pure il libro che tanto mica l’ha scritto davvero lei il suo libro. Si diventa tutti economisti e editori, ma anche sociologi e ambientalisti, attivisti e missionari. Santi scesi miracolosamente in terra nonostante il manuale di biologia sotto braccio.

Desueti come stantia è la necessità di etichettare tutto, in modo spasmodico, e infatti non trova scampo neanche la disabilità di Greta, la sua “sindrome di Asperger” che diventa un pilastro di demerito anziché un valore aggiunto per il modo in cui, tenacemente e senza distrazioni, sta cambiando la narrazione di un’esigenza universale. E lo sta facendo lottando anche contro quello che lo spettro stesso del suo autismo le rende complicato, a partire dalle cose per noi scontate e banali.

In fin dei conti è molto più semplice classificare l’altro come “diverso” piuttosto che rimboccarsi le maniche: sapere in partenza che tu sei socialmente percepito come mancante in qualcosa, come svantaggiato rispetto a me, è rassicurante e fa sentire più bravi e più capaci. Più giusti e al sicuro. Perché sì, è vero, a Greta milioni di persone hanno dato un salvagente per stare a galla, ma io so nuotare benissimo e tanto i salvagenti prima o poi si forano sempre. No?

Se invece aveste speso le stesse energie consumate a screditare un messaggio così pulito, infangando il sorriso di Greta che poi è quello di mia sorella e di tutti i vostri figli, per imparare, magari, a fare finalmente la raccolta differenziata, forse vivremmo in un mondo più pulito e in armonia con ciò che ci circonda. E soprattutto con chi riteniamo tanto alieno e invece, a fatti avvenuti, è più presente di noi sulla realtà delle cose. Tutto il resto è il fascismo di chi si ostina a voltarsi dall’altra parte.

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Laureato in Scienze Politiche (curriculum in "comunicazione, media e giornalismo"). Racconta le storie degli altri come giornalista, scrittore e attivista per i diritti umani e civili. Vincitore del Premio "Cittadino Europeo" nel 2017, è stato nominato "Cavaliere dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana" da Sergio Mattarella nel 2018.
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