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Gezi Park, Genova, Val di Susa: la repressione globalizzata

Erdogan ha definito “terroristi” i manifestanti di Gezi Park e creato l’indignazione dei media italiani. Che, però, troppo spesso dimenticano le analoghe violenze avvenute nel nostro paese.
A cura di Davide Falcioni
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Capalcu: saccheggiatori. E' così che da giorni il premier turco Erdogan definisce le migliaia di manifestanti di Gezi Park, ormai paragonati in tutto e per tutto a terroristi sanguinari di fronte ai quali ogni metodo repressivo è autorizzato. Ieri il primo ministro ha sottolineato che "non sono mai stati varcati i limiti della legalità", ma come è noto le leggi le impongono le classi dominanti, alle quali è sufficiente votare a maggioranza un provvedimento per vestirlo dei connotati della "democrazia": non a caso poche ore fa ha minacciato di far intervenire l'esercito. In Italia lo sappiamo bene: nel  maggio del 1975 venne introdotta la Legge Reale, recante "disposizioni a tutela dell'ordine pubblico". Disposizioni – tuttavia – che prevedevano arresti preventivi anche in assenza di reato, vietavano l'uso del casco (o altri elementi atti a rendere irriconoscibili i cittadini) e soprattutto permettevano agli uomini delle forze dell'ordine l'utilizzo di armi da fuoco, allo scopo di "impedire la consumazione dei delitti di strage, di naufragio, sommersione, disastro aviatorio, disastro ferroviario, omicidio volontario, rapina a mano armata e sequestro di persona". La legge Reale venne invocata nuovamente in Italia dopo i fatti del 15 ottobre del 2011 a Roma.

Ma torniamo alla Turchia. Erdogan ha dunque battezzato come "terroristi" migliaia di cittadini che da settimane scendono nelle strade e nelle piazze. Essi sono colpevoli di lanciare bombe molotov verso gli agenti di polizia e persino di aver aggredito le donne che indossano il velo. Altra grave colpa: nella cittadella del Gezi Park sono stati ritrovati preservativi, droga e alcol. Ma c'è una denuncia – fatta dal sindaco di Ankara Ibrahim Melih – che è persino paradossale, grottesca, ai limiti della comicità. Tra i "bivacchi" dei manifestanti, oltre agli accessori di "svago" descritti sopra, sarebbe stato ritrovato una sorta di manuale per costruire la bomba atomica.

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Il ritrovamento naturalmente giustifica ampiamente l'uso massiccio della forza da parte della polizia. In fondo chi vorrebbe tenersi in casa non solo dei teppisti, ma degli autentici terroristi in grado di compiere uno sterminio di massa…? E la comunità internazionale porterà pazienza se gli uomini in divisa esagerano, e sono stati costretti a nascondere il numero identificativo sul casco. Ne va della loro incolumità, naturalmente.

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Ma tra i pericolosi sovversivi non ci sono solo gli attivisti. Anche i loro complici meritano di essere gasati, bastonati e infine arrestati: è quanto capitato a decine di medici che hanno prestato le prime cure ai manifestanti feriti, o agli avvocati che hanno deciso di difenderli gratuitamente nei tribunali, per non parlare dei giornalisti, tra i quali anche il fotoreporter italiano Daniele Stefanini, 28 anni, ferito e piantonato in ospedale dalla polizia, dopo che la sua attrezzatura è stata fatta sparire. Stessa sorte è capitata all'editore di İmc tv, Gökhan Biçici (nella foto sotto), mentre a tutti i colleghi che hanno diffuso "immagini, video e notizie false" è arrivata la minaccia di Erdogan: "Non rimarrete impuniti".

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Ora proviamo a fare mente locale. Le cose raccontate suonano davvero nuove per noi italiani? La risposta è no, e citeremo solo un paio di episodi, senza correre troppo indietro nel tempo. Il primo è l'incursione dei reparti mobili di polizia e carabinieri il 21 luglio del 2001 presso la scuola Diaz. In quel momento centinaia di attivisti partecipanti al G8 di Genova stavano riposando, quando un numero mai precisato di agenti in assetto antisommossa entrò. Ottantadue persone vennero ferite, tra loro anche il giornalista inglese Mark Covell che rimase a lungo in come. I vertici delle forze dell'ordine tentarono di giustificare quell'operazione con il ritrovamento – all'interno della scuola – di bombe molotov e altri attrezzi da "guerriglia urbana". Si scoprì presto tuttavia che quel materiale venne portato nella scuola proprio dai poliziotti. Tra loro, alcuni non esitarono a dare curiose ricostruzioni: come Massimo Nucera, che mostrò un taglio sul suo giubbotto spiegando che era stato causato da un attivista con un pugnale. In realtà le indagini dimostrarono che fu egli stesso a procurarselo, successivamente, per tentare di giustificare le inaudite violenze nella scuola.

Episodi più recenti sono accaduti in Val di Susa, dove il Movimento No Tav ha prodotto un dossier che mostra alcuni abusi delle forze dell'ordine" (guarda, ad esempio, questo video). La Valle è da anni un territorio massicciamente militarizzato: scontri violenti tra attivisti e forze dell'ordine sono frequenti, ma anche altre limitazioni della libertà (come l'emissione di centinaia di fogli di via). La foto in basso, inoltre, testimonia degli abusi del luglio 2011. Mostra un agente scagliare un sasso e tenere, oltre al manganello d'ordinanza, un bastone di legno. Che differenza c'è tra questo scatto e quello che mostra un poliziotto turco caricare un idrante con una sostanza urticante?

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Insomma, non mancano parallelismi tra la repressione turca di questi giorni ed episodi che hanno riguardato in passato l'Italia, senza trovare tuttavia eguale riscontro mediatico.

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