Genova, sesso e ricatti a scuola: “100 euro o dico che mi hai stuprata”
Proposte di sesso nel cortile della scuola e poi il ricatto di tre ragazze minorenni capaci di “imbrogliare” le loro vittime. È quanto accaduto questo inverno in una scuola genovese, nel cortile di un istituto professionale. Tre ragazze, tutte minorenni, sono arrivate a scuola e hanno lanciato la loro proposta: quella, appunto, di consumare un rapporto sessuale. Ma subito dopo arriva il ricatto: “Ora mi dai 100 euro o dico che mi ha violentata, ho il tuo dna addosso”. In questo modo, per queste ragazze di cui parla il Secolo XIX, il corpo diventa un’arma. Cambia il significato dell’amore e del sesso. E l’episodio accaduto nella scuola genovese non sarebbe stato unico nel suo genere: ricatti simili sarebbero capitati anche in altri istituti. In questo caso, racconta il quotidiano, uno dei giovani non ha pagato le ragazzine, ma ha parlato con un professore che ha fatto intervenire la polizia. Il Secolo XIX ha raccolto le voci degli studenti genovesi, decisi a mostrarsi diversi ed estranei da tali dinamiche.
Gli studenti genovesi: “Non siamo tutti così” – I ragazzi dell’Istituto Bergese di Sestri Ponente e quelli del Mazzini di Pegli, ad esempio, dopo lo scandalo hanno voluto far sentire la loro voce. Tutti ammettono che internet e i social network hanno cambiato il modo di intendere e vivere l’amore, ma non per questo “giustificano” le cosiddette “baby squillo”. “Non è giusto. I miei genitori non lavorano e a casa non abbiamo soldi, ma non mi prostituirei mai – confida una delle giovani – Si trova sempre un'altra soluzione. La dignità è la prima cosa”. Tanti i pareri simili al suo, come per esempio quello di Alessia: “Piuttosto che fare una cosa del genere vado a pulire i cessi in stazione. Vendo i miei vestiti, prima di vendere me”. Ma non sono solo le ragazzine ad apparire scosse da vicende simili. Anche i maschi ammettono come non sia logico vendersi e come, allo stesso tempo, sia squallido il ricatto.