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Francesca, vittima di Unabomber: “Persi mano e occhio ma non provo rancore. Spero sia vivo, lo incontrerei”

Il racconto di Francesca Girardi a Fanpage.it. La 31enne è una delle vittime di Unabomber: il 25 aprile 2003, quando aveva soltanto 9 anni, raccolse lungo il Piave un evidenziatore che esplose, facendole perdere la mano e l’uso di un occhio. “Fin da piccola ho provato tantissima curiosità, vorrei incontrarlo, sapere chi è e se in qualche modo sperava di ferirmi”, ha detto la giovane donna.
A cura di Eleonora Panseri
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Francesca Girardi, 31 anni.
Francesca Girardi, 31 anni.

"Siamo partiti con i piedi di piombo perché non ci aspettavamo di risolvere il caso. Ma la speranza di ottenere qualche informazione in più per proseguire le indagini c'era. Io spero comunque che avendo riaperto l'inchiesta dopo tutto questo tempo, il lavoro fatto non venga buttato".

Francesca Girardi, 31 anni, commenta così a Fanpage.it le recenti novità sul caso Unabomber, l'attentatore che nel 2003 le ha cambiato la vita. Il 25 aprile di quell'anno, quando aveva soltanto 9 anni, raccolse lungo il Piave un evidenziatore che esplose, facendole perdere la mano e l'uso di un occhio.

La 31enne più di due anni fa ha dato impulso alla riapertura delle indagini. Purtroppo, le analisi scientifiche sui reperti raccolti all'epoca (Unabomber operò tra il 1993 e il 2007 in Veneto e Friuli-Venezia Giulia ma terrorizzò tutta Italia) hanno escluso tutti gli 11 indagati, così come altre persone coinvolte nell'inchiesta.

Il 6 maggio 2026 anche l'ultimo attentato cadrà in prescrizione (gli altri lo sono già, essendo trascorsi 20 anni).

Francesca Girardi, 31 anni.
Francesca Girardi, 31 anni.

Tu e Greta (Momesso, altra vittima di Unabomber, ndr) avete fortemente voluto questa riapertura, perché? 

Forse perché siamo ancora giovani e sentiamo con più gravità gli effetti di ciò che abbiamo vissuto. Le vittime più grandi potrebbero aver accettato che giustizia non sia stata fatta, ma noi crediamo ancora che si possa avere. Ora non posso parlare per Greta, ma io continuerò a lottare fino all'ultimo giorno prima della prescrizione.

Per me è importantissimo avere giustizia, tutti noi dobbiamo essere responsabili delle nostre azioni e non è possibile che un criminale del genere resti impunito fino alla fine della sua vita o della mia. È giusto che si faccia il possibile per avere risposte.

La cosa che a me ha fatto un po' storcere il naso è il fatto che l'attenzione sia un po' scemata per le vittime di questo caso, ma un crimine del genere non può essere dimenticato, soprattutto adesso. La mia richiesta è che si faccia il possibile con il poco tempo che abbiamo a disposizione.

Hai sempre parlato della tua storia, cosa ricordi di quel giorno?

Il giorno dell'incidente avevo appena compiuto 9 anni, sono nata il 21 aprile ed è successo il 25. Ricordo tutto, che eravamo andati a fare un picnic lungo il Piave per festeggiare, che era una bellissima giornata, che ero con la mia famiglia.

Stavo giocando con questo bambino intorno a questo pilastro che sostiene un cavalcavia, ci siamo allontanati per mangiare qualcosa e quando siamo tornati nello stesso punto abbiamo notato questo evidenziatore giallo. Il mio primo pensiero è stato: "Ora lo raccolgo così ci scrivo qualcosa e faccio vedere a mia sorella quanto sono brava".

Abbiamo fatto una gara per raccoglierlo, io mi sono chinata per prenderlo e in quel momento ho visto un signore che ci stava guardando, avevo la sensazione che fosse in attesa in qualche modo. Appena ho aperto l'evidenziatore è esploso. Ho impiegato qualche secondo a realizzare cosa era successo, anche se avevo capito che era qualcosa di brutto.

E poi cos'è accaduto?

Sono riuscita a tornare da mia mamma che, sentendo il botto, era venuta a cercarmi. Mentre andavo verso di lei mi sono accorta della ferita alla mano, che praticamente non c'era più. Mia madre ha avuto la freddezza di prendere un asciugamano dalla macchina, di avvolgerlo stretto intorno alla mano e tenerla alzata per bloccare l'emorragia.

Se non fosse stata per quell'accortezza, non sarei qui a parlare, molto probabilmente sarei morta dissanguata. Poi sono arrivati i soccorsi con l'ambulanza e l'elicottero che mi ha portato all'ospedale di Treviso.

Di questa cosa ho però anche un bellissimo ricordo, ero emozionata perché stavo viaggiando in elicottero per la prima volta. Il pilota, per tranquillizzarmi, mi ha raccontato una storia: mi disse che stavamo viaggiando su un elicottero che si chiamava ‘Titti' perché era tutto giallo. È un ricordo che nella tragedia mi scalda il cuore.

Sono stata fortunata perché nella mia vita ho incontrato persone che mi hanno voluto talmente bene che mi hanno dato la forza. Ma penso che anche caratterialmente sono abbastanza grintosa. Mi sono chiesta, e spesso mi chiedono: ‘Perché è successo a me?'. Io mi rispondo: ‘Perché sarei riuscita ad affrontarlo, magari qualcun altro non ce l'avrebbe fatta'.

Francesca Girardi, 31 anni.
Francesca Girardi, 31 anni.

Secondo te, come ha fatto a fare tutto questo senza che nessuno notasse nulla?

Quello che io immagino è che Unabomber sia il classico insospettabile e che potrebbe aver avuto il supporto di qualcuno. La persona di cui nessuno si accorge, quella cortese o l'emarginato che non dà mai nell'occhio, un po' esclusa dalla società e che passa inosservata.

Non lo immagino come qualcuno al centro dell'attenzione. Anzi, è probabile che non venisse considerato ma che volesse dimostrare a tutti che era meglio degli altri. Sicuramente, non deve stare molto bene con la testa.

Tu pensi che Unabomber possa essere morto? 

Spero che sia vivo, egoisticamente parlando, e che abbia avuto modo di seguire le ultime novità sulle indagini, che mi abbia vista e sappia chi sono. Che venga fatta finalmente giustizia. Non mi consola l'idea che sia morto, anche se ovviamente spero che non stia facendo del male a nessuno.

Quali sono le emozioni che hai provato in questi anni?

Ne ho provate un miliardo. Verso l'Unabomber che ho in testa non ho mai avuto particolare rancore, perché per me a oggi è quasi solo un nome. Se devo essere sincera, mi ha fatto un po' pena perché per fare una cosa del genere non devi stare bene. E un po' di rabbia perché questo non gli dà il diritto di far star male le persone.

Anche io ho sofferto a causa sua, ma per me è stato un impulso anche ad aiutare gli altri e non a far del male. La sofferenza non lo giustifica in alcun modo. Mi considero molto fortunata a non aver mai provato emozioni forti di odio o rancore, perché sono cose che fanno più male alla vittima che al carnefice.

Fin da piccola, ma anche adesso, ho provato tantissima curiosità. Vorrei incontrarlo, sapere chi è, come ha vissuto e cosa pensa di me, sapere se in qualche modo sperava di ferirmi o di rendermi una persona diversa da quella che sono, magari più chiusa.

Ho preso la parte migliore di quello che è accaduto e ho deciso di farci qualcosa di bello, per questo vorrei sapere se è deluso, sorpreso, cosa pensava di ottenere. Oggi gli direi: "Visto che hai fatto quello che hai fatto, se hai coraggio, fatti avanti". Difficilmente succederà, ma mi piacerebbe davvero avere un confronto, a livello umano, con questa persona.

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