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Fase 2, perché l’e-commerce è l’unica soluzione possibile alla crisi delle vendite

Mentre crollano le vendite al dettaglio dopo due mesi di lockdown, il settore dell’e-commerce continua a crescere, guadagnando 2 milioni di nuovi consumatori online nel pieno dell’emergenza coronavirus. La crisi potrebbe costringere molte attività a un’accelerata nella digitalizzazione che forse sarebbe comunque arrivata negli anni futuri: ma ci saranno perdite che sarà impossibile compensare.
A cura di Annalisa Girardi
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La crisi economica innescata dal coronavirus sarà peggiore di quella finanziaria del 2008. L'Italia, uno dei Paesi più colpiti dalla pandemia, dovrà pagare un conto salato: il Pil potrebbe crollare dall'8% al 10% e con l'aumento della disoccupazione verranno persi circa mezzo milione di posti di lavoro. Non tutti i settori sono però colpiti allo stesso modo: mentre alcuni come quello del turismo e dei trasporti dovranno fare i conti con delle perdite ingenti, impossibili da recuperare entro l'anno, alcune imprese vedranno invece un margine di crescita. Tra queste quelle degli apparecchi medicali, delle lavanderie industriali e della grande distribuzione alimentare. Ma c'è un settore che vedrà il volume di affari addirittura raddoppiato grazie al lockdown: è quello dell'e-commerce, che nei primi mesi del 2020 ha visto crescere in modo esponenziale i consumatori.

Dall'altro lato della medaglia, stanno crollando a picco le vendite al dettaglio. Anche se dal 4 maggio sono stati riaperti diversi esercizi commerciali, tantissimi negozi rimangono con le saracinesche abbassate da più di due mesi ormai. Secondo il rapporto dell'Istat sul commercio al dettaglio, nel mese di marzo le vendite hanno subito una riduzione del 20%. Un crollo che non si vedeva da oltre un decennio. E che, sebbene non sia certo una sorpresa dopo settimane e settimane di chiusura, renda lo stesso una fotografia preoccupante della crisi che il Paese sta affrontando.

Fonte: Rapporto Istat sul commercio al dettaglio Marzo 2020.
Fonte: Rapporto Istat sul commercio al dettaglio Marzo 2020.

L'impatto della crisi nelle vendite

Confcommercio sottolinea che i dati di aprile saranno ancor più critici. Non basterà l'estate per rifarsi delle perdite subite che per alcuni settori, come quello dell'abbigliamento, a marzo hanno visto contrazioni del 57%. "A determinare l’eccezionale calo sono le vendite dei beni non alimentari, che diminuiscono del 36,0% in valore e del 36,5% in volume, mentre quelle dei beni alimentari sono stazionarie in valore e in lieve diminuzione in volume (-0,4%)", si legge ancora nel report dell'Istat: in altre parole, il mercato alimentare se la cava trainato dalla grande distribuzione, ma le altre attività commerciali sono state travolte in pieno dall'emergenza.

Una crisi che lascerà strascichi importanti nei mesi a venire: anche quando il lockdown terminerà, e molti esercizi potranno finalmente riaprire, si dovrà fare i conti con il timore dei cittadini nel recarsi fisicamente in un negozio, quando possono perfettamente comprare ciò che desiderano attraverso il proprio smartphone e riceverlo comodamente da casa, azzerando i rischi di contagio. Confesercenti evidenzia come la chiusura degli ultimi due mesi sarà tragica soprattutto per i piccoli negozi, quelli di vicinato, le cui vendite sono crollate oltre il 30%. Una perdita che molte attività non riusciranno a recuperare e che le costringerà alla chiusura.

Fonte: Rapporto Istat sul commercio al dettaglio Marzo 2020.
Fonte: Rapporto Istat sul commercio al dettaglio Marzo 2020.

Il boom dell'e-commerce nel lockdown

Delle prospettive di questo tipo lasceranno segni profondi nel tessuto economico italiano, le cui colonne portanti sono in gran parte le piccole e medie imprese e gli esercizi commerciali di vicinato, anche se per questi la crisi va avanti ormai da anni. Uno studio della Cgia di fine 2019 ha infatti evidenziato come dal 2007, un anno prima che la Grande Recessione investisse anche il nostro Paese, hanno chiuso i battenti circa 200mila negozi di vicinato. In un quadro di questo tipo il margine di crescita si concretizza nell'e-commerce. L'emergenza coronavirus ha obbligato a un'accelerata nella digitalizzazione che forse sarebbe arrivata comunque negli anni a venire: ma per sopravvivere moltissimi imprenditori e proprietari di negozi sono stati obbligati ad adattarsi immediatamente al cambiamento.

Nei primi mesi del 2020 sono circa 2 milioni i nuovi consumatori online in Italia, una cifra triplicata rispetto ai numeri registrati a inizio 2019. Secondo il consorzio Netcomm il settore del commercio digitale crescerà del 55% entro la fine dell'anno: il risultato migliore a livello globale e tra tutte le attività economiche. Appare quindi evidente che i prossimi mesi saranno darwiniani: le attività che meglio si adatteranno ai mercati online saranno quelle in grado di affrontare il mondo post-lockdown. Perché, inutile dirlo, non sarà la realtà a cui eravamo abituati.

L'emergenza Covid potrebbe quindi essere finire per anticipare una lezione dal futuro, costringendo a implementare nuovi modelli di business adatti a un mercato basato su tecnologie e digitalizzazione. La perdita di posti di lavoro nei settori della vendita al dettaglio potrebbe (prima o poi) essere mitigata dalla crescita di quello dell'e-commerce. Ma è anche vero che ci sono sfaccettature di un negozio di quartiere che non potranno essere sostituite dalle vendite tramite click: l'aspetto sociale della bottega sotto casa quale luogo di incontro, la relazione tra cliente (che non è solo consumatore) e il proprietario dell'attività, e tutte le altre conseguenze di una saracinesca alzata nel contesto urbano.

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