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Etna, corse clandestine di cavalli costretti al galoppo tra auto e moto: “Mancano indagini”

Il 20 luglio 2020 è stato pubblicato su Instagram l’ennesimo video girato alle pendici dell’Etna. La scena è sempre la stessa: l’alba, i tornanti tra gli alberi e i cavalli spinti al massimo, in mezzo a moto e auto. Sul vulcano patrimonio dell’Unesco le corse clandestine di cavalli sono una costante che si ripete da anni. Scuderie, pubblico e fantini si vantano sui social network dopo le gare, ma rintracciarle prima che avvengano è complicato.
A cura di Luisa Santangelo
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L'ennesimo video, ma si somigliano tutti: le luci dell'alba, i tornanti tra gli alberi, i cavalli spinti al massimo dai fantini sui calessi e una coda di automobili e motorini che fanno il tifo per l'una o l'altra scuderia. Benvenuti sull'Etna, il vulcano patrimonio dell'Unesco che sovrasta la Sicilia nord-orientale. E che da anni subisce l'affronto di un'illegalità che sembra impossibile da soffocare: le corse clandestine di animali sulle strade provinciali che da un Comune portano all'altro, attraversando i boschi. Le ultime immagini sono state caricate su Instagram il 20 luglio 2020: due cavalli, il vulcano sullo sfondo e decine di veicoli tutti attorno e i clacson che suonano in continuazione.

A cercare sui social, di riprese di questo genere se ne trovano a decine. Video che spesso partono dalle pagine Facebook delle scuderie. La vita dei cavalli si osserva sui social, da quando arrivano dai proprietari a quando sono pronti per solcare l'asfalto alle prime ore del mattino, quando le provinciali dell'Etna sono deserte e la corsa presenta meno rischi. Non tanto per fantini, animali e pubblico, quanto per il possibile intervento delle forze dell'ordine.

All'inizio di luglio i carabinieri di Palagonia, in provincia di Catania, hanno fermato una gara mentre si stava svolgendo. Uno dei due fantini è riuscito a fuggire, mentre l'altro è stato arrestato. Uno dei cavalli si è imbizzarrito, è finito dentro a un fosso ed è morto. Sedici persone, tutte provenienti dal capoluogo etneo, sono state denunciate. Ed è da Catania che arrivano spesso anche gli organizzatori delle corse sull'Etna.

I tornanti del vulcano sono la coda di un percorso più lungo che parte in città: lì si trovano le scuderie, lì si allenano gli animali e lì si organizzano le corse. Secondo quanto appreso da Fanpage.it da fonti investigative, spesso viene messo a punto il piano all'ultimo minuto. Profili Facebook finti e gruppi WhatsApp per darsi appuntamento la sera prima per l'alba dell'indomani. Una delle location più gettonate è la strada provinciale 92, che da Nicolosi arriva al Rifugio Sapienza attraversando parte dell'enorme territorio del Parco dell'Etna. Ma l'ultimo video, pubblicato il 20 luglio su Instagram, è troppo breve per riconoscere chiaramente dove sia ambientato.

"Quello delle corse clandestine di cavalli è un fenomeno da debellare, non c'è dubbio. Ma si ripete da anni", spiega a Fanpage.it Carlo Caputo, da qualche nominato presidente del Parco ma con un passato da sindaco di Belpasso, un altro dei Comuni etnei. "Adesso bisogna affrontarlo in maniera seria – afferma Caputo – Che si allenino i cavalli noi che abitiamo nei paesini lo vediamo e sappiamo che è per prepararli alle corse. Non certo per piacere, ma per le migliaia e migliaia di euro delle scommesse". Il 28 luglio incontrerà il prefetto di Catania Claudio Sammartino per parlare di questo, dell'abbandono dei rifiuti e delle gare di moto. Anche queste illegali e sempre sul vulcano.

"Bisogna creare sinergie tra le forze dell'ordine", interviene il presidente. Anche perché il Parco dell'Etna non ha le sue forze di sorveglianza, non ci sono guardiaparco, e il controllo delle strade è affidato a polizia, carabinieri e Città metropolitana di Catania, l'ente pubblico che ha sostituito le province abolite dalla Regione Siciliana. L'obiettivo è ottenere, con il coordinamento della prefettura, interventi mirati. Che puntino non solo a bloccare le corse quando avvengono, ma a evitare che si verifichino. "Serve una profonda attività di indagine", conclude Carlo Caputo. E deve guardare, prima di tutto, a Catania.

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