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“Dopo il licenziamento all’estero, sono tornato in Italia. Cerco lavoro ma dicono che a 57 anni sono vecchio”

Antonio, 57 anni, racconta a Fanpage.it la sua vicenda lavorativa. Si è rivisto nelle storie di tanti coetanei che sono alla ricerca di un impiego ma, pur essendo iperqualificati e con esperienze decennali, vengono ritenuti troppo ‘vecchi’ per lavorare: “I recruiter mi dicono: ‘Si vedono pochi curriculum come il tuo’, ma ci sono centinaia di persone che si candidano per certe posizioni e una delle prime cose che guardano è proprio l’età”.
A cura di Eleonora Panseri
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"Sono un informatico, mi occupo di progettazione di software, e ho 57 anni. Sono nato a Termoli, attualmente vivo a Pescara, ma sono stato 16 anni all'estero e vi ho scritto perché sono una figura molto qualificata, lavoro dal '91 e ho un curriculum di tutto rispetto, ma non riesco a trovare lavoro". Antonio comincia così a raccontare la sua esperienza lavorativa. Ha contattato Fanpage.it perché si è rivisto nelle storie simili di coetanei alla ricerca di un impiego che sono state pubblicate nelle scorse settimane.

"Mi sono laureato alla Bocconi di Milano in Economia aziendale, ho fatto vari master, l'esame da dottore commercialista e sono certificato Microsoft, ho lavorato in varie banche e società importanti e parlo 5 lingue (l'inglese, il russo, il tedesco e lo spagnolo, oltre all'italiano, ndr). Dopo 15 anni di lavoro per un'azienda tedesca, sono stato licenziato e sono tornato in Italia.  Pensavo che qui sarei stato il bentornato, con un curriculum come il mio. E invece da mesi sono disoccupato", spiega il 57enne.

"Ho cercato lavoro sia all'estero che in Italia, ma ho ricevuto tante risposte negative. Alcuni mi hanno detto che il mio profilo è altamente qualificato, ma non in linea con i requisiti richiesti; altri invece mi hanno proprio detto che a 57 anni sono vecchio e che non investirebbero mai in una persona della mia età. Io però non mi ci sento e penso a quando ero neolaureato e mi dicevano che non avevo esperienza. Ho capito che prima o dopo una certa età vieni considerato fuori mercato, ed è una cosa davvero triste".

"In più, non posso accedere a nessun ammortizzatore sociale, perché in Italia la soglia per ricevere l'assegno di inclusione è 60 anni. – prosegue ancora Antonio – Mentre in Germania, mi viene negato perché negli ultimi due anni ho lavorato come consulente a partita iva, pur avendone trascorsi 15 nella stessa ditta (13 da dipendente, ndr). Quindi, sono fuori da qualsiasi logica di mercato, ma anche dagli ammortizzatori sociali".

È durante i primi anni 2000 che Antonio ha deciso di lasciare il nostro Paese. "L'azienda per cui lavoravo, dopo un cambio nella dirigenza, mi ha mandato a casa nel giro di poche ore. Quindi, turbato da questa situazione, ho inviato un curriculum in Svizzera e mi hanno assunto. Mi sono detto: "Basta, in Italia non torno più", e infatti sono stato per molti anni in tantissimi Paesi".

Poi il ritorno a casa. "In questi ultimi mesi mi sono candidato come sviluppatore di software e in altri ruoli di questo settore, ma alla fine non mi chiamano, oppure, dopo avermi fatto fare i colloqui, per l'età o motivi legati a leggi assurde, mi scartano. Qualche giorno fa un imprenditore mi ha detto: "Non posso farti lavorare con la partita iva perché se il tuo fatturato supera con noi il 51% di quello generale, puoi avanzare la pretesa di essere un dipendente", racconta ancora il 57enne.

"Ogni giorno faccio uno o due colloqui, mi chiamano e, quando faccio domande, i recruiter mi dicono: ‘Non è che tu non potresti lavorare, si vedono pochi curriculum come il tuo, ma ci sono centinaia di persone che si candidano per certe posizioni e tu sei vecchio', perché una delle prime cose che guardano è proprio l'età, visto che una persona meno specializzata e con meno esperienza possono pagarla meno. Un altro imprenditore mi ha detto: ‘Qui ho tutti programmatori giovani e si sentirebbero a disagio a lavorare con te'".

"Al momento non penso di andarmene perché all'estero rischio di trovare di peggio, in passato mi sono rapportato con persone davvero molto fredde, egoiste e concentrate sul business e i soldi. – dice ancora Antonio – Se riuscirò a trovare un lavoro nelle prossime settimane, sarò contento. Ma se così non dovesse essere, non riuscendo a pagarmi l'affitto, probabilmente inizierò a vivere in macchina e andrò a mangiare alla Caritas. In questi anni ho aiutato tante persone, guadagnavo bene all'estero e questo mi ha permesso di poter dare un contributo. Solo per questo motivo tornerei a lavorare all'estero, non per me. Io però non mollo mai ed esorto tutti a non farlo e a darsi da fare".

La nostra redazione riceve lettere e testimonianze relative a storie che riguardano il mondo del lavoro. Decidiamo di pubblicarle non per dare un'immagine romantica del sacrificio, ma per spingere a una riflessione sulle condizioni e sulla grande disparità nell'accesso a servizi essenziali. Invitiamo i nostri lettori a scriverci le loro storie cliccando qui.

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