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Detenuto chiede canali Sport a pagamento in tv: “È un diritto”, ma la Cassazione dice no

“L’accesso all’informazione sportiva è un diritto”, così un detenuto ha chiesto di poter accedere ai canali Sport a pagamento in tv, anche a spese sue, ma sia il giudice di sorveglianza che la Corte di Cassazione penale hanno detto no perché è sufficiente garantire ai detenuti la visione dei ventuno canali televisivi gratuiti già disponibili.
A cura di Antonio Palma
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“Avere la possibilità di guardare canali Sport a pagamento in tv è un diritto, anche in carcere”, è quanto ha sostenuto per lungo tempo un detenuto del carcere di Cuneo che per sostenere la sua tesi è arrivato fino alla Corte di Cassazione penale che però ora gli ha negato questa possibilità ribadendo che in cella bastano i normali canali gratuiti che sono sul digitale terrestre. A ricostruire la storia e la battaglia legale dell’uomo, iniziata lo scorso anno, è Repubblica. Dopo il rifiuto ad acconsentire alle sue richieste da parte del direttore del penitenziario, il detenuto si era rivolto in un primo momento al magistrato di sorveglianza spiegando di essere disposto a pagare l’abbonamento di tasca sua ma sostenendo soprattutto diritto all'informazione sportiva.

Nell’ottobre scoro, però, dal tribunale piemontese è arrivato il secco no alla richiesta dell’uomo. Nella sua risposta il giudice ha ricordato che la Circolare dell'Amministrazione penitenziaria (Dap) indica che è sufficiente garantire ai detenuti la visione di ventuno canali televisivi gratuiti tra cui tutto il pacchetto rai e Mediaset ma anche la7 e Cielo mentre non sono ammesse eccezioni o integrazioni. Il detenuto però no si è dato per vinto e ha proseguito la sua battaglia a colpi di carte bollate presentando un ricorso alla Corte di Cassazione penale. Per l’uomo il diritto all’informazione sportiva è garantito dalla nostra Carta costituzionale e ha lamentato quindi una violazione dell’Articolo 21 della Costituzione. La Cassazione però non è stata dello stesso avviso e, respingendo la richiesta, lo ha anche condannato anche a pagare 3000 euro in favore della Cassa delle ammende.

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