Delitto ambasciatore Attanasio, spunta un nuovo testimone: “Convoglio diretto verso miniera di niobio”

Una nuova voce, rimasta finora nell’ombra, potrebbe ridare slancio alle indagini sulla morte dell’ambasciatore italiano Luca Attanasio e del carabiniere Vittorio Iacovacci, uccisi il 21 febbraio 2021 in Congo durante un’imboscata al convoglio del World Food Program nel Nord Kivu. A Roma, nonostante nel febbraio 2024 il gup abbia dichiarato il non luogo a procedere per “difetto di giurisdizione” nei confronti dei due dipendenti del Pam, Rocco Leone e Mansour Luguru Rwagaza, resta aperto un fascicolo per omicidio contro ignoti.
Secondo quanto riportato dall’agenzia Adnkronos, un operatore presente sulla scena dell’agguato ha depositato in procura una testimonianza diretta nell’ambito delle indagini difensive promosse dal legale dei genitori di Attanasio, affiancato da esperti internazionali. Il materiale consegnato – documenti, foto, cartografie – delineerebbe un quadro inedito su quella missione.
Dalle ricostruzioni emergerebbe che la "destinazione finale" del convoglio, definita nei documenti come "non precisamente identificata", fosse l’area di Ruthsuru e Lueshe. Una zona sensibile, dove sorge una miniera di pirocloro-niobio legata da tempo agli interessi russi. Il niobio, componente strategica per le leghe impiegate nei veicoli ipersonici e in altri sistemi militari avanzati grazie alla sua resistenza a temperature estreme, rappresenta un materiale rarissimo e altamente conteso.
Il racconto del testimone ripercorre anche i momenti drammatici dell’imboscata avvenuta a Kibumba: l’uccisione dell’autista, l’estrazione forzata dell’ambasciatore dall’auto, il tentativo dei miliziani di trascinarlo verso una zona collinare coperta dalla vegetazione. Lì, secondo le testimonianze raccolte sul posto, gli assalitori si sarebbero imbattuti in personale ranger incaricato della sicurezza degli operai nella zona delle "Tre Antenne". Lo scontro avrebbe portato all’uccisione di Iacovacci e al ferimento gravissimo di Attanasio, deceduto poco dopo nell’ospedale Onu di Goma.
La "fonte", tutelata per ragioni di sicurezza, afferma di aver fornito coordinate, mappe e fotografie che indicherebbero "inequivocabilmente" la direzione verso Ruthsuru-Lueshe, "dove c’è la miniera di niobio, una faccenda molto sensibile". L’uomo avrebbe anche riferito di ripetuti furti nella propria abitazione e del timore di possibili ritorsioni. "State indagando su un dossier sensibile perché finora la verità resta un incubo, dato che nessuno sa la missione che aveva l'ambasciatore", avrebbe confidato al consulente legale della famiglia Attanasio.
Tutto il materiale è ora al vaglio della procura di Roma, che dovrà valutare se questa testimonianza possa davvero aprire una nuova pista su uno dei casi più dolorosi e irrisolti della diplomazia italiana.