Dall’Italia alla Cina, milioni trasferiti in nero con l’hawala: così la criminalità aggirava i controlli

Tredici persone arrestate, 31 denunciate e sanzioni per oltre 73mila euro. È questo il bilancio di una vasta operazione di polizia giudiziaria, coordinata dal Servizio centrale operativo della Polizia di Stato, finalizzata a colpire le ramificazioni criminali riconducibili ad ambienti della comunità cinese in Italia. L’indagine, condotta in 25 città tra cui Milano, Roma, Prato, Bologna, Cagliari e Verona, ha portato anche al sequestro di oltre 22mila euro in contanti.
Le attività investigative hanno fatto luce su un complesso reticolo criminale dedito a numerosi reati: dallo sfruttamento della prostituzione e del lavoro irregolare alla contraffazione di merci, dal traffico di stupefacenti alla detenzione abusiva di armi, fino all’immigrazione clandestina. Ma uno degli aspetti più rilevanti emersi riguarda il sistema utilizzato per movimentare denaro illegalmente da un continente all’altro, eludendo qualsiasi controllo bancario o fiscale.
Come trasferivano denaro in nero dall'Italia alla Cina
Si tratta del cosiddetto hawala, una pratica di trasferimento informale di fondi che consente il passaggio di grandi somme in totale assenza di tracciabilità. Questo sistema parallelo e clandestino, privo di documentazione ufficiale, è stato impiegato non solo per riciclare i proventi delle attività illecite, ma anche come strumento di pagamento tra gruppi criminali transnazionali, coinvolti nel traffico di droga, nel commercio di migranti e in altri traffici internazionali.
Le indagini, sviluppate nel tempo dal Servizio centrale operativo, hanno delineato una struttura frammentata in cellule autonome, ma legate da forti vincoli etnici e familiari. I soggetti coinvolti provengono spesso dalla stessa regione della Cina e operano quasi esclusivamente in danno di connazionali. All’interno di questi gruppi vigono regole ferree, tra cui il silenzio assoluto – simile all’omertà delle mafie tradizionali – e un radicato spirito di vendetta, che può degenerare in vere e proprie faide interne.
A rafforzare il controllo sul territorio, alcune di queste organizzazioni si servono anche di "ali armate", gruppi incaricati di compiere azioni violente o intimidatorie. In numerosi casi, la presenza di armi da fuoco ha confermato l’elevato livello di pericolosità di queste reti criminali, capaci di stringere alleanze con sodalizi di altre nazionalità, comprese compagini italiane, per spartirsi traffici e territori.
Tra i tredici arrestati figurano quattro persone fermate per reati legati agli stupefacenti, due per lo sfruttamento della prostituzione e una per tentata estorsione. Sono inoltre stati catturati sei latitanti, tra cui un individuo ricercato per rapina aggravata. Nel corso dell’operazione sono stati sequestrati 550 grammi di shaboo, equivalenti a circa 5.500 dosi pronte per lo spaccio.
Scoperta casa a luci rosse a Cagliari
A Cagliari, un filone locale dell’inchiesta ha portato alla scoperta di una casa d’appuntamenti nel quartiere di Is Mirrionis. La segnalazione è giunta tramite l’app YouPol, grazie alle denunce dei residenti per il continuo via vai di uomini. All’interno dell’appartamento sono state trovate una giovane donna cinese impiegata come prostituta e una 45enne identificata come la maitresse.
Quest’ultima è stata denunciata per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e sfruttamento della prostituzione. Durante la perquisizione, gli agenti hanno sequestrato l’attrezzatura usata per l’attività sessuale e 6.500 euro in contanti, ritenuti frutto del giro illegale.