“Da datore di lavoro nella ristorazione dico: se in Italia va così male è perché lo Stato lo permette”

Dipendente in alberghi e ristoranti, ma anche datore di lavoro per 17 anni. Il signor Mario, oggi in pensione, può raccontare entrambe le facce della stessa medaglia. "Il mondo della ristorazione e del turismo sono marci, ma più in generale lo è il mondo del lavoro in Italia" ha raccontato a Fanpage.it in un'intervista telefonica. "Lo sfruttamento dei lavoratori, soprattutto per quanto riguarda i contratti stagionali, esiste perché viene permesso. Io stesso da datore di lavoro ho fatto il bello e il cattivo tempo e la verità è che mi è sempre stato permesso, perché nel nostro Paese non esistono controlli reali".
Nel 1959, Mario ha lavorato come lift boy. "Avevo appena 14 anni, all'epoca non esisteva lo stipendio ma si pagava a percentuale. Ho lavorato per 3-4 mesi per aiutare anche un po' la famiglia in condizioni che erano tremende. A fine mese il datore di lavoro ‘contrattava' con il dipendente per dargli sempre meno di quanto pattuito. Per quanto oggi esista lo stipendio, le cose sono abbastanza simili ad allora".
"Ho fatto due stagioni, poi dal '61 le cose sono cambiate ed è stato introdotto lo stipendio. Io guadagnavo 30.000 lire al mese con le famose ‘marchette' che si attaccavano a un libretto per testimoniare il giorni di lavoro". Nel 1962, intorno ai 16 o 17 anni, Mario è partito per raggiungere la Germania. "Lì le cose erano diverse già allora. In totale ho lavorato lì 20 mesi e ancora oggi che ho 80 anni percepisco una pensione di 70 euro al mese. Lo stesso è accaduto anche in Inghilterra con un contratto di lavoro regolare appena entrato. Anche per quel lavoro percepisco 68 euro al mese di pensione. Per 9 anni ho lavorato in giro per l'Europa per imparare le lingue e non ho mai trovato una situazione simile a quella dell'Italia".
"In Italia, parlando francese, tedesco, inglese e svedese, sono riuscito a fare carriera negli alberghi arrivando a fare anche il direttore. Per 17 anni sono stato anche datore di lavoro – ha ricordato – in alcuni ristoranti. Avendo visto entrambe le facce della medaglia posso dire con certezza che in Italia le cose sono come sono perché lo Stato lo consente".
"Come datore di lavoro – sostiene il signor Mario – non sono stato meglio degli altri. I miei dipendenti non erano in regola, erano pagati in nero. Perché? Perché lo Stato lo permette e non controlla davvero. Anche chi viene sottoposto ad accertamenti, paga una multa che non è neanche lontanamente alle cifre risparmiate ogni mese per le tasse. Ai miei dipendenti bastava che io aggiungessi qualcosa in più in busta paga ed erano contenti, anche se non c'erano le doverose e importantissime tutele. Negli anni le cose sono andate male perché ho perso tutte le mie attività e sono tornato a fare il dipendente".
"In Italia i controlli non funzionano. Al massimo ricevi una multa che paghi una volta sola e che è pari alle cifre che risparmi ogni mese in tasse. Tutti sanno come funziona a Rimini e sulla riviera Romagnola, ma nessuno fa niente. Le verifiche che le forze dell'ordine stanno portando avanti in questi mesi in realtà acchiappano le mosche, chi porta avanti questi imbrogli su larga scala resta tutelato".
Dopo aver perso i 4 ristoranti sulla riviera, il signor Mario è tornato a lavorare come dipendente, arrivando a fare il direttore per un albergo. "In quel ruolo lì cambia poco, devi far vedere al tuo capo che sei bravo e che lavori tanto. Per portare nelle casse degli imprenditori un gran guadagno devi ‘tirare il collo' ai dipendenti: loro lavorano 12 ore al giorno e tu ne paghi 6".
Sulle ‘rimostranze' dei datori di lavoro che sostengono di non trovare personale negli alberghi e nei ristoranti delle località di mare, Mario ha le idee chiare. "Non ho mai avuto questi problemi all'epoca, ma in generale penso che oggi i ragazzi vogliano più tutele, un pagamento adeguato e contratti a norma. Per trovare personale bisogna allargare il portafogli, non si può pretendere di assumere un giovane per 12 ore al giorno a 1000 euro al mese".
"Non c'è volontà di far davvero rispettare le regole, di capire dove sia il problema e di mettere in piedi un sistema economico che non sia un gigantesco bluff – ha spiegato -. Non ci sono tutele per chi lavora: tutti ad esempio sanno cosa accade a chi raccoglie pomodori nei campi, non esiste al mondo qualcuno che non sappia cos'è il caporalato e come funziona, allora perché esiste ancora ed è così ampiamente praticato? Gli accertamenti dell'ispettorato del lavoro sono organizzati, i dipendenti vengono istruiti su cosa dire. Io l'ho fatto da datore di lavoro e sono stato a mia volta istruito da dipendente".
"Perché le cose non funzionano? Perché è sempre il dipendente a dover firmare il verbale e se dichiara il falso, l'Ispettorato del lavoro andrà via con un racconto ripulito che non corrisponde alla verità. La speranza è che i media continuino a martellare sulle irregolarità del mondo del lavoro, in modo che prima o poi lo Stato sia costretto a ragionare seriamente sulla situazione".
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