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Crollo ponte Morandi a Genova

Crollo del Ponte Morandi, lo Stato chiede 250 milioni di euro di risarcimenti agli imputati

Nel processo per il crollo del Ponte Morandi, l’Avvocatura dello Stato ha chiesto oltre 250 milioni di euro di risarcimento agli imputati, definendo la tragedia “una ferita che mai si rimarginerà”. Comune di Genova e Regione Liguria chiederanno i danni in separato giudizio.
A cura di Davide Falcioni
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Il crollo del ponte Morandi, avvenuto il 14 agosto 2018 e costato la vita a 43 persone, "è una ferita che mai si rimarginerà" e ha rappresentato "un costo immenso per la gestione dell’emergenza". Così l’Avvocatura dello Stato ha sintetizzato in aula l’impatto devastante di quella tragedia, chiedendo oltre 250 milioni di euro di danno patrimoniale per conto di Palazzo Chigi e del ministero dei Trasporti. La cifra richiesta da Comune di Genova e Regione Liguria dovrà invece essere “quantificata in separato giudizio civile”.

L’udienza odierna del processo – che vede imputate 57 persone tra ex dirigenti di Autostrade per l’Italia, Spea e funzionari pubblici – è stata interamente dedicata alle parti civili. Domani toccherà al Comitato Ricordo Vittime del Ponte Morandi. A prendere per primo la parola è stato l’avvocato dello Stato Giorgio Lembeck, affiancato dalla collega Maria Chiara Ghia. Nel suo intervento, Lembeck ha richiamato l’economista Adam Smith, che già nel Settecento ammoniva come "i pedaggi delle strade non andrebbero affidati ai privati, perché potrebbero trascurare la manutenzione". Una previsione che, secondo i legali, si è tragicamente avverata: gli allora vertici di Autostrade per l’Italia "scelsero di ignorare gli allarmi, a partire da quello dello stesso progettista Morandi già nel 1981".

Il crollo del viadotto non ha generato solo enormi spese per la gestione dell’emergenza e la creazione di una viabilità alternativa – "perché il territorio è stato spaccato in due visto che si trattava di una struttura strategica" – ma ha imposto anche un impegno straordinario di assistenza ai familiari delle vittime e agli sfollati. Come ha ricordato l’avvocata Alessandra Mereu, che rappresenta Comune e Regione, il disastro ha provocato "un incommensurabile e impagabile danno non patrimoniale". Un trauma collettivo che ha segnato profondamente la città: “Per lo choc subito dai cittadini per il crollo di una struttura identitaria ma anche per l’immagine di quel disastro che per mesi è circolata sulla stampa nazionale e internazionale”.

La scorsa settimana chiesti 18 anni e 6 mesi per Castellucci

La scorsa settimana la Procura di Genova ha chiesto una condanna a 18 anni e 6 mesi di reclusione per Giovanni Castellucci, ex amministratore delegato di Autostrade per l’Italia. La richiesta è stata formulata dal pubblico ministero Walter Cotugno, titolare dell’inchiesta insieme al collega Marco Airoldi, davanti al collegio giudicante del maxi-processo che vede 57 imputati tra ex dirigenti di Aspi, tecnici di Spea Engineering e funzionari del Ministero delle Infrastrutture.

Giovanni Castellucci
Giovanni Castellucci

Secondo l’accusa, la tragedia non fu il frutto di un destino crudele ma il risultato di “un sistema che ha sacrificato sicurezza e manutenzione sull’altare dei profitti”. Al centro del mirino, proprio Castellucci, per quasi vent’anni alla guida del gruppo autostradale e, per la Procura, simbolo di un modello di gestione improntato al guadagno a scapito della sicurezza. "Per Castellucci troviamo un’enciclopedia di elementi a suo carico – ha dichiarato Cotugno –. Per vent’anni ha compiuto scelte sistematicamente a sfavore della sicurezza, non solo sul Morandi. È il massimo esempio di dolo eventuale". Il pm ha tracciato un ritratto severo dell’ex manager: “Profitto, benefit personali, prestigio, carriera. Gli piaceva il ruolo del manager rampante, idolatrato, che garantiva agli azionisti dividendi enormi. Autostrade era la sua gallina dalle uova d’oro”.

Cotugno ha ricordato anche il precedente della strage dell’autobus di Avellino, in cui morirono 40 persone: "Dopo quell’episodio, Castellucci non cambiò nulla. Continuò a gestire la rete allo stesso modo, ignorando il rischio derivante dal ritardo delle manutenzioni, pur consapevole della fragilità strutturale del ponte".

Nella sua requisitoria, il pm ha infine richiamato il senso della giustizia: “Non siamo abituati a una tragedia colposa con così tante vittime. Stabilire la pena giusta è difficile, ma l’unico criterio che può guidarci è quello della legge”.

Nelle prossime udienze saranno esaminate anche le altre 56 posizioni. Ma per Cotugno la richiesta è netta: “Se non a lui, a chi andrebbe inflitta la pena massima?”.

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