Covid, quali sono i soggetti a rischio che possono usare anticorpi monoclonali

Ai fini dell'utilizzo delle terapie contro il covid 19 a base di anticorpi monoclonali, l'Agenzia italiana del farmaco segnala come popolazioni ad alto rischio soggetti con le seguenti condizioni: Body Mass Index (BMI), Malattia renale cronica, Diabete non controllato, Immunodeficienze primitive o secondarie, età di 65 anni o più. Per i soggetti con più di 55 anni: Malattia cardio-cerebrovascolare (inclusa ipertensione con concomitante danno d'organo), BPCO e/o altre malattie respiratorie croniche. Per i soggetti di 12-17 anni con: BMI 85esimo percentile per età e genere, Anemia falciforme, Malattie cardiache congenite o acquisite, Malattia del neurosviluppo, Dipendenza da dispositivo tecnologico (p.es. soggetti con tracheotomia, gastrostomia, etc), Asma, o altre malattie respiratorie che richiedono medicazioni giornaliere per il loro controllo. Sono esclusi soggetti ricoverati per COVID-19, che ricevono ossigenoterapia per COVID-19.
Anticorpi monoclonali: cosa sono e quando si utilizzano
Ieri la Commissione tecnico-scientifica dell’AIFA ha dato l'okay all’uso degli anticorpi monoclonali nel nostro Paese nella lotta al Coronavirus. Si tratta di anticorpi sintetici fabbricati in laboratorio e ottenuti da quelli naturali prodotti dai pazienti immunizzati, da somministrare a chi ancora deve superare la malattia. Queste cellule artificiali producono anticorpi migliori nell’organismo per debellare il coronavirus. La somministrazione prevede una infusione endovenosa di circa un’ora con un tempo di osservazione tra i 15 e i 30 minuti come nel caso dei vaccini. L’Agenzia italiana del farmaco ha approvato due tipi di monoclonali: Regeneron (USA), mix di due anticorpi che abbatte la carica virale, ed Eli Lilly, che sarebbe in grado di ridurre la mortalità del 70%. Verso la primavera inoltrata dovrebbero essere disponibili anche quelli della Toscana Life Sciences. Costeranno circa 2mila euro a dose.