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Costretta a insegnare a Genova senza aver richiesto il trasferimento: “Faccio la tappabuchi a 1200 km da casa”

Giulia Elena Previtera, professoressa catanese, lavora dal 2020 a Genova senza aver mai chiesto di trasferirsi nella città ligure. E in più, non insegna neanche la sua materia, l’arte, ma si occupa di fare potenziamento in un istituto tecnico.
A cura di Matteo Lefons
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O ti trasferisci nella prima città a caso, anche se non la conosci ed è lontana da casa tua, oppure non lavori. Si può sintetizzare così la storia di Giulia Elena Previtera, professoressa catanese che si è ritrovata a lavorare a Genova senza averlo mai chiesto, in una scuola che non prevede l'insegnamento della sua materia, cioè le discipline grafiche, pittoriche e scenografiche. E dal 2020 non le è mai stato concesso nessun tipo di avvicinamento alla sua regione, neanche tramite le assegnazioni provvisorie.

"Da quando mi hanno trasferita a Genova – si sfoga Previtera a Fanpage.it – mi ritrovo a fare solo potenziamento, cioè la tappabuchi. Insegno tutte le materie tranne la mia in base alle esigenze della scuola". Il potenziamento scolastico è stato introdotto dalla riforma della Buona Scuola e prevede tutta una serie di attività aggiuntive che arricchiscono l'attività formativa. Molti professori accettano di occuparsene per aumentare il punteggio nelle graduatorie o perché i posti nelle loro discipline scarseggiano.

Giulia è diventata docente di ruolo nel 2015 a Roma e appena due anni dopo è rientrata nel gruppo di esubero nazionale, cioè tra quelle insegnanti "di troppo" rispetto ai posti disponibili nella sua disciplina. Nel 2017 è arrivata la prima soluzione possibile: un posto da insegnante di potenziamento in un istituto tecnico a Genova. Così, senza mai volerlo, è stata costretta ad accettare il primo trasferimento d'ufficio che le è capitato. "Io l'ho vissuta come una violenza – confessa l'insegnante -. Non è proprio corretto che mi si dica che se voglio lavorare devo andare in un posto che non ho mai scelto, a più di 1200 chilometri da casa".

Fino al 2020 è riuscita ad accaparrarsi qualche assegnazione provvisoria che l'ha avvicinata alla sua città natale, poi più niente perché l'Usr (Ufficio scolastico regionale) siciliano ha scelto di limitare le possibilità di trasferimento provvisorio nell'isola. E le sono passati davanti tutti i colleghi che usufruiscono della legge 104 oppure con una famiglia a carico, le cui situazioni rendono giustamente prioritario un avvicinamento a casa. "Capirei se fossi per esempio all'accademia delle belle arti di Brera e insegnassi quello per cui mi sono specializzata, invece sono a Genova per fare la tappabuchi. Perché non posso fare lo stesso lavoro in Sicilia?", si domanda la prof.

"Per il Miur (Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca) il mio è un lavoro come gli altri – lamenta Previtera -. Però non è così, è come se a te che fai il giornalista chiedessero solo di prendere appuntamenti". Lontana da casa e senza insegnare la sua disciplina, Giulia si chiede quando il suo esilio avrà fine. Per ora, dall'alto, nessuna risposta.

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