Cosa sappiamo finora del presunto dna trovato nella bocca di Chiara Poggi: l’ipotesi assistente medico legale

La notizia, che se fosse confermata potrebbe rappresentare una svolta nel delitto di Garlasco a 18 anni dall’omicidio di Chiara Poggi, è di ieri sera: sarebbero state trovate, stando ad alcune fonti che le parti al momento non possono confermare, tracce di dna maschile ignoto su un tampone orale della vittima che finora non era mai stato sottoposto ad analisi.
Il Corriere della Sera ha scritto che da un primo confronto preliminare avvenuto durante l'incidente probatorio in corso dopo l’iscrizione nel registro degli indagati di Andrea Sempio emergerebbe che questa nuova traccia non apparterrebbe né ad Alberto Stasi, all’epoca fidanzato di Chiara e già condannato in via definitiva per l'omicidio, né al vecchio amico di Marco Poggi ora indagato. Si parlerebbe, quindi, di un dna ignoto, che apparterrebbe a una terza persona ancora sconosciuta. Un’altra persona che quel giorno di 18 anni fa si trovava nella villetta di Garlasco? Un aggressore sconosciuto che potrebbe aver cercato di tappare la bocca alla vittima? Al momento è difficile da dire qualcosa con certezza, anche perché parliamo di una valutazione assolutamente preliminare su materiale genetico “Y" attribuito a una persona di sesso maschile.
Alcune tracce potrebbero anche essere il risultato di una contaminazione. Secondo alcune fonti coinvolte nell’incidente probatorio, non si esclude infatti che un dna trovato nella bocca di Chiara Poggi apparterebbe a un assistente del medico legale Marco Ballardini che intervenne dopo l'omicidio della ragazza. Questo cromosoma Y "risulterebbero sovrapponibili all'aplotipo di Ernesto Gabriele Ferrari", fanno sapere le fonti, appunto l’assistente del medico legale che ha eseguito i primi rilievi sul corpo di Chiara nell’agosto del 2007.
Ma parliamo ancora di tracce parziali per cui il condizionale è d’obbligo: per sperare di avere risultati consolidati le analisi dovranno essere ripetute. Probabilmente l'esame sarà replicato già lunedì.
Al lavoro sul caso Garlasco c’è la genetista Denise Albani: la presenza di materiale genetico sarebbe stato trovato finora su uno degli acetati contenenti impronte digitali, il pezzetto di tappetino del bagno insanguinato e appunto il tampone eseguito nella bocca di Chiara. I risultati acquisiti fino a questo momento non portano a una “svolta” nel caso: si parla infatti di dna della stessa vittima o di Alberto Stasi.
La notizia dei presunti nuovi risultati emersi dal tampone orale di Chiara Poggi è stata commentata finora da diversi degli avvocati e dei consulenti delle parti. A quanto si apprende, i primi dati trasmessi venerdì alle parti riguardano 5 campionature sulla garza usata in sede di autopsia. Di queste, tre non avrebbero dato risultati utili mentre le altre due avrebbero portato a individuare il profilo genetico che, con una percentuale del 70-80%, è compatibile con quello di Ernesto Gabriele Ferrari. Poi ci sarebbe un altro profilo che avrebbe "esibito" tracce maschili in misura maggiore rispetto agli altri, ma tutto è ancora da confermare.
Ieri sera l'avvocato Massimo Lovati, legale di Andrea Sempio, si è limitato a dire che queste notizie "spostano soltanto l'equilibrio della possibilità di inquinamento delle prove che ci fu durante la prima indagine" e che per il resto non ci sono elementi concreti per poter dire altro. Appare per il momento prudente anche l’avvocato Antonio De Rensis, difensore di Alberto Stasi, secondo il quale però, se dovessero arrivare conferme su questi primi esiti, sarebbe provata “la totale estraneità” del suo assistito. “La sua innocenza, che sosteniamo fin dall’inizio”, aggiunge.
Intanto oggi il Garante per la privacy è intervenuto sul delitto di Garlasco adottando, d'ufficio e in via d'urgenza, un provvedimento di blocco nei confronti di un soggetto che sta rendendo disponibile online, a pagamento, un video contenente le immagini dell'autopsia di Chiara Poggi. L'Autorità avverte i media e i siti web che l'eventuale diffusione delle immagini risulterebbe illecita in quanto in contrasto con le regole deontologiche dei giornalisti e la normativa della privacy. Il Garante invita chiunque entri nella disponibilità di immagini simili, compresi i mezzi di informazione, ad astenersi dalla loro diffusione. L'Autorità si riserva l'adozione di ulteriori provvedimenti anche di carattere sanzionatorio.