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Covid 19

Coronavirus, perché non si possono pubblicare foto di chi non rispetta il divieto di uscire

Con l’emergenza Coronavirus non cambiano le regole sul rispetto della riservatezza e della reputazione dei cittadini e per questo motivo nessun privato cittadino può pubblicare foto e commenti sui social identificando persone che escono di casa come presunti trasgressori. Andiamo a vedere cosa si rischia nel caso in cui vengano pubblicate, per esempio, foto di persone che escono da casa su gruppi Facebook o Whatsapp.
A cura di Stefano Rizzuti
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Segnalare, magari attraverso i social network, una persona che esce di casa violando le restrizioni imposte dal governo, non è legittimo. Da quando sono stati messi in campo i decreti per impedire alle persone di uscire di casa sono stati creati gruppi, pubblici e privati, per segnalare eventuali (e spesso solo presunti) inottemperanze da parte dei cittadini. Gruppi con foto di chi fa jogging o di chi, semplicemente, esce dalla propria abitazione. Immagini in cui le persone sono visibili e riconoscibili, così come lo sono le targhe dei loro veicoli o i numeri civici delle loro abitazioni, rese così pubbliche. Si tratta, in tutti questi casi, di dati personali che secondo la legge non possono essere diffusi dai privati, neanche per evidenziare denunce di presunti illeciti. A spiegare cosa si rischia con un comportamento del genere è il Sole 24 Ore.

Foto segnalate sui social, cosa si rischia

Il primo rischio, quello più probabile, è un risarcimento da pagare in sede civile. Ma non solo, perché in alcuni casi si può dover rispondere del reato di diffamazione aggravata: un’ipotesi realistica nel caso in cui nel post vengano riportati anche commenti attraverso cui si identifica come trasgressore chi compie l’azione e viene ripreso. O, ancora, quando vengono pubblicate informazioni su chi avrebbe violato le disposizioni. Chi pubblica queste informazioni non può sapere perché quella persona sta uscendo e comunque le condotte illecite possono essere segnalate alle autorità competenti, come la polizia. Non possono essere i singoli cittadini a sostituirsi alle forze dell’ordine.

Spetta a polizia e carabinieri verificare se ci siano state o meno violazioni. Non basta l’emergenza per giustificare la sospensione delle norme sul rispetto della riservatezza e della reputazione dei cittadini. E per questo motivo non si può divulgare nulla che identifichi un soggetto senza il consenso del diretto interessato. Il rischio è uguale qualsiasi sia il mezzo di diffusione: non solo i social network, ma anche le mail o Whatsapp. I casi, invece, possono essere segnalati alle autorità che provvederanno poi a verificare. A polizia e carabinieri, inoltre, è possibile anche inviare le foto che invece non andrebbero mai pubblicate sui social.

Come ci si può tutelare dai delatori

Chi viene identificato come trasgressore da un normale cittadino sui social o attraverso altri mezzi può chiedere l’immediata rimozione della foto. Inoltre, in caso di diffamazione può sporgere querela sia verso chi ha pubblicato la foto che verso chi rilascia commenti considerati offensivi. Inoltre, in alcuni casi, anche un semplice like può bastare per essere giudicati colpevoli, come dimostrato da alcuni precedenti stabiliti da singole procure. A rischio, inoltre, è anche chi gestisce il gruppo social, se non si è attivato per rimuovere il contenuto diffamante. Il cittadino, inoltre, può tutelarsi anche presentando un reclamo al Garante per la Protezione dei dati personali e chiedendo la rimozione di foto e filmati.

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