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Conto corrente, cointestatario non è comproprietario dei soldi: la Cassazione riscrive le regole

Una recente sentenza dea Corte di Cassazione, ha stabilito che cointestare un conto correrne non è equivalente a una comproprietà perché può rappresentare solo un modo per permettere ai contitolari di operare sul conto ma non comporta anche la cessione del relativo credito. L’onere della prova però è sempre a carico di chi sostiene che la cointestazione è una semplice simulazione.
A cura di Antonio Palma
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Gli istituti di credito fanno i loro conti e si schierano contro la nuova norma imposta dal Governo che garantisce conti a zero spese per i pensionati fino a 1500 euro al mese. Le banche contrarie anche ai nuovi provvedimenti in materia di mutui e commissioni sulle spese con carta elettronica.

Per anni l’orientamento prevalente della giurisprudenza ha ritenuto che la cointestazione del conto corrente tra due soggetti fosse di fatto una divisione in parti uguali dei soldi presenti sul conto stesso, una recente sentenza della Corte di Cassazione però ha ribaltato questa visione stabilendo che la cointestazione del conto non è equivalente a una comproprietà perché può rappresentare solo un modo per permettere ai contitolari di operare sul conto, ma non comporta anche la cessione del relativo credito. La svolta dei giudici è arrivata analizzando il caso di un una donna che aveva cointestato il conto a due nipoti le quali, dopo il decesso della signora, si erano appropriate dei soldi sul conto ritenendo gli spettassero di diritto essendo cointestatarie. Gli altri eredi però sono intervenuti chiedendo la restituzione delle somme prelevate e i giudici hanno dato loro ragione.

Per la Cassazione infatti la donna aveva cointestato il conto solo perché era l'unico modo per permettere alle nipote di effettuare operazioni e movimentare autonomamente i soldi mentre lei era in vita ma questo non ha significato una donazione dei soldi. Secondo i giudici,  “occorre precisare che la cointestazione di un conto corrente, salvo prova di diversa volontà delle parti, è di per sé atto unilaterale idoneo a trasferire la legittimazione a operare sul conto, ma non anche la titolarità del credito, in quanto il trasferimento della proprietà del contenuto di un conto corrente è una forma di cessione del credito e, quindi, presuppone un contratto tra cedente e cessionario”.

In pratica la cointestazione del conto è solo una “presunzione di comproprietà”, ed è sempre possibile fornire la prova che si tratta di semplice strumento atto a consentire all’altro cointestatario di eseguire operazioni  senza però implicare una donazione dei soldi. Ad esempio è facile dimostrarlo quando i versamenti sono solo a carico di uno dei intestatari. L'onere della prova però è sempre a carico di chi sostiene che la cointestazione è una semplice simulazione e comunque non ci si può mai rivalere sulla banca, che non può vietare all'altro di prelevare, ma solo sul privato.

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