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Omicidio di Nada Cella

“Come ha fatto una tesi universitaria a far riaprire il cold case di Nada Cella”: parla la criminologa

Sulla morte di Nada Cella la Procura aveva ripreso ad indagare nel 2021 grazie al contributo della dottoressa Antonella Delfino Pesce. Dopo 27 anni dal delitto, vengono chiuse le indagini e nel registro degli indagati c’è solo Annalucia Cecere. Fanpage.it ha ripercorso la lunga e irrisolta vicenda con la criminologa, colei che più di tutti si è battuta per arrivare alla verità.
Intervista a Antonella Delfino Pesce
Criminologa
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Dopo 27 anni si chiudono ufficialmente le indagini che ruotano intorno all'omicidio di Nada Cella, la 24enne massacrata il 6 maggio del 1996 a Chiavari, nello studio commercialista Soracco nel quale lavorava come segretaria.

La Procura di Genova ha fatto sapere di aver inviato la notifica di chiusura delle indagini all'unica indagataAnnalucia Cecere, amica di Marco Soracco (datore di lavoro di Nada) la quale si scoprì poi essere invaghita dell'uomo e la cui posizione venne archiviata dopo soli pochi mesi all'epoca del delitto.

Sul caso si era tornati ad investigare dopo 25 anni grazie a una serie di nuovi spunti e aspetti irrisolti individuati dalla criminologa Antonella Delfino Pesce e che conducevano tutti verso un unico nome, quello di Cecere, oggi 59enne.

Fanpage.it ha voluto commentare la notizia proprio con colei che ha, più di tutti, studiato e lottato affinché si arrivasse alla verità e al nome del killer rimasto all'oscuro per tanto tempo. Delfino Pesce ha ripercorso le tappe più significative del caso, dal momento in cui ha iniziato ad appassionarsi alla storia di Nada, alle prime svolte significative dell'omicidio, alla riapertura delle indagini due anni fa, fino al più recente traguardo.

La criminologa Antonella Delfino Pesce
La criminologa Antonella Delfino Pesce

Dottoressa, facciamo un viaggio nel tempo e partiamo dall'inizio, quando si avvicinava per la prima volta al caso di Nada

Tutto ha avuto inizio quando nel 2018 frequentavo il Master in Criminologia e Scienze Forensi, in quel periodo ero alla ricerca di un argomento per la mia tesi finale. Eravamo in tantissimi, ricordo ancora che ci chiesero su quale argomento volessimo lavorare ma io non avevo la più pallida idea di cosa occuparmi. L'illuminazione poi è arrivata un giorno in cui ero ospite a casa di un giornalista del Secolo XIX: si parlava della mia tesi e ad un certo punto fu proprio lui a indicarmi un caso ligure, quello di Nada.

Fu proprio lui a procurarmi il numero della mamma Silvana e mi disse: "Probabilmente non arriverete a niente". Ecco, poi tutto quello che è successo parla da sé. Da lì a poco ho conosciuto Silvana e tra di noi si è creato un rapporto speciale che si è solo rafforzato nel tempo. Insieme abbiamo affrontato tanti momenti difficili. Insomma, doveva essere una semplice tesi ma è diventata molto di più.

Nel 2021 si è tornati a indagare sul caso all'epoca archiviato: quali sono stati gli elementi che hanno convinto la Procura a ripartire con le indagini?

Ne erano tanti e tutti andavano nella direzione di questa persona (Annalucia Cecere). Per legge, un'indagine può essere riaperta solo se c'è almeno un elemento nuovo che venga portato all'attenzione degli inquirenti e di cui non ne sono ancora a conoscenza. Nel caso di Nada, quell'elemento chiave che poi è stato capace di riaprire l'indagine di fatto è stato ritrovare il verbale del bottone, il quale non era mai stato trasmesso dalla Polizia giudiziaria al magistrato dell'epoca.

Cosa le faceva credere che fosse proprio Annalucia Cecere a essere coinvolta dell'omicidio?

I verbali. Tutto è partito dalla lettura di quelle dodicimila pagine e queste ultime ci hanno permesso di ricostruire alcuni aspetti della vicenda, facendo emergere nuove piste. È stato faticoso ma importante, descriverei quest'esperienza tremenda ma allo stesso tempo stupenda. Nonostante il lavoro sia stato pesante sotto diversi punti di vista, farei tutto daccapo e forse anche meglio. Non ho alcun rimpianto considerando poi come sono andate a finire le cose.

Ci ricorda l'episodio di minaccia ricevuto dalla Cecere? 

Non posso parlare dell'episodio in se, ma quello che posso dire è come mi sono sentita. Ero meravigliata all'epoca, non potevo credere a quello che stava succedendo e mai me lo sarei immaginata. Il tutto è stato segnalato e consegnato agli atti già prima della riapertura del caso.

C'è stato qualcuno in particolare che l'ha sostenuta durante questa esperienza?

Silvana, è stata lei il motore di tutto. Ha avuto fiducia in me dal primo momento nonostante per lei fossi un'illustre sconosciuta. Ricorderò con gratitudine il grande lavoro svolto dalla Procura e della Squadra Mobile in questi anni ma anche il calore della gente comune. Sono stati davvero in tanti ad adoperarsi e a spendersi per questa storia malgrado fosse così complicata. Solo chi si trova a condurre delle indagini dopo tanto può capire quale lavoro si nasconde dietro.

Tra le più recenti notizie c'è quella del rinvenimento di una scatola di reperti legati al delitto. Crede sia stata questa la svolta di cui avevano bisogno gli inquirenti per chiudere le indagini?

No assolutamente, non è stato questo l'elemento di svolta. Quando ho iniziato ad occuparmi di questo caso, in generale, confidavo molto negli esami del Dna per far luce sulle verità. Poi diciamo che la differenza l'ha fatta il senso del dovere, il lavoro, il sudore e anche le lacrime.

Ha mai pensato di mollare?

Sì tantissime volte, i primi 18 mesi sono stati terribili. Però puntualmente succedeva una cosa strana: ricevevo una telefonata da Silvana e quando le chiedevo se andasse tutto bene, lei mi rispondeva che si sentiva un po' giù. Quella risposta ogni volta mi dava la carica e la forza di continuare. Mi ripeteva sempre: "Guarda che se ti vuoi fermare non ci sono problemi", sapevamo entrambe le difficoltà. Sentire la sua voce mi faceva dire "Devo continuare". E poi il vento è cambiato.

Dopo la notizia di ieri, qual è stata la reazione di Silvana?

L'ho sentita ieri subito dopo aver ricevuto la notizia e ci siamo ripromesse di continuare ad andare avanti con cautela. Quando è iniziata quest'avventura abbiamo fatto un patto: lei non si sarebbe mai dovuto illudere e io non mi sarei mai dovuta lasciar scoraggiare. Ecco dove siamo arrivate, continueremo così e staremo a vedere cosa succederà. Sto impedendo a me stessa di fare qualsiasi tipo di pensiero rispetto al futuro, ne abbiamo affrontate tante ma a un passo alla volta arriveremo anche alla fine di questa esperienza.

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