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Covid 19

Come funziona la geolocalizzazione proposta da Crisanti per il tracciamento dei contagi covid

Come funziona la geolocalizzazione proposta da Crisanti per il tracciamento dei contagi covid. Si tratta di una “misura adottata già in Inghilterra dal governo conservatore di Boris Johnson” ha spiegato il professore di Microbiologia e Microbiologia clinica all’Università di Padova dopo le critiche.
A cura di Antonio Palma
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Nessuna sorveglianza dei cittadini 24 ore su 24, ma solo una geolocalizzazione di una persona fatta a posteriori dopo aver già appreso del caso di positività al coronavirus, è questa l'idea avanzata dal Professor Andrea Crisanti per avere un maggior tracciamento dei casi covid in Italia. A spiegarlo è stato lo stesso microbiologo dopo le accese polemiche seguite alla sua proposta di un uso più estensivo dell’App Immuni, l'applicazione varata per il tracciamento dei contagi covid, in modo da poter controllare più precisamente gli spostamenti dei cittadini in caso di contagio accertato. "Sulla geolocalizzazione che ho proposto mi ha ispirato quello che già fanno in Inghilterra dove ogni volta che uno entra in un ristorante, in un bar, negozio o museo, deve fotografare un codice e questo viene automaticamente caricato sull'app del sistema sanitario nazionale e solo se c'è un caso di contagio viene retrospettivamente geolocalizzato" ha spiegato infatti il professor Crisanti.

Geolocalizzazione adottata in Inghilterra

Si tratta di una "misura adottata dal governo conservatore di Boris Johnson non una misura proposta dai soviet di San Pietroburgo" ha affermato ancora Crisanti nel corso della trasmissione "l'aria che Tira" Su La7 rispondendo alle critiche e tornando a sottolineare l'importanza di un adeguato tracciamento dei contagi. "L'Inghilterra ha un sistema di monitoraggio dal quale dovremmo prendere ispirazione perché fa circa 800mila tamponi al giorno e individuato anche le varianti come quella indiana" ha aggiunto Crisanti.

Tracciamento fatto bene interrompe catena di contagio

"Dove il tracciamento è stato fatto bene e le catene di trasmissione interrotte non hanno bisogno del vaccino, ma dove c'è bisogno del vaccino c'è bisogno del tracciamento se si vuole arrivare a un controllo per lo meno  adeguato della trasmissione del malattia" ha proseguito il professore di Microbiologia e Microbiologia clinica all'Università di Padova. "Australia, Taiwan e Nuova Zelanda son Paesi dove ancora nessuno si è vaccinato ma hanno adottato misure estremamente efficaci di tracciamento e bloccato la trasmissione del virus, ma noi nel momento in cui usiamo i vaccini e abbiamo meno casi il tracciamento diventa ancora più facile da fare"  ha concluso Crisanti.

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