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Processo Ciro Grillo

Ciro Grillo e gli amici in caserma, risate e scherzi, ma anche paura: “Parliamo di altro”

Dalle carte dei carabinieri emerge il comportamento di Ciro Grillo e i suoi amici, accusati di stupro di gruppo, all’interno della caserma dove furono convocati il primo settembre del 2019. Tra risate, scherzi e bisbiglii per non farsi captare dalle cimici dei militari, i ragazzi “parlano d’altro” e a gesti si dicono che è meglio non parlare.
A cura di Redazione
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Ciro Grillo, i suoi amici, le madri, la caserma dei carabinieri di Genova Quarto. È il primo settembre del 2019, sono convocati Ciro Grillo, Edoardo Capitta, Francesco Corsiglia e Vittorio Lauria, accusati di aver stuprato una 19enne dopo una notte in discoteca in Sardegna. Due giorni prima era stato sequestrato loro il cellulare. I carabinieri filmano e registrano tutto, e poi lo trascrivono. Si comincia con Edoardo Capitta: «Edo dice (alla madre, ndr) che lui non è normale e non sa come il suo fisico potrebbe reagire a una cosa del genere. È chiaro che se mi faccio un mese di galera poi esco incazzato come una bestia». Poi, annotano i carabinieri: «Quando dalla finestra della sala d’attesa la madre ed Edo vedono che sono giunti in caserma anche Ciro Grillo e Francesco Corsiglia, Edo li saluta facendo il gesto delle manette e la madre gli dice di non fare lo stupido e di non ridere». Lui risponde «sappiamo com’è andata». E la donna: «Comunque non fare lo stupido».

Quando arriva Ciro Grillo in caserma dice subito agli altri:  «In questi giorni non dobbiamo né vederci né frequentarci anche se non abbiamo nulla da nascondere». A quel punto «la madre suggerisce di parlare di altro», dice il documento che riassume l’intercettazione riportato dal Corriere della Sera, «per esempio dell’università». L’uomo che ha accompagnato Corsiglia, suo zio, comincia invece «a parlare della partita del Genoa mentre Ciro dice che andrà a nuotare e poi parlano di libri», sintetizzano i carabinieri.

Dopo quel «parliamo d’altro» Ciro ritorna alla carica chiacchierando con gli amici e la madre — Parvin Tadjik — gli dice: «Sei veramente uno stupido, stai zitto». Interviene lo zio di Corsiglia che «dice a Ciro di dar retta a sua madre», scrivono i carabinieri, «e a quel punto Ciro sembra cambiare tenore della conversazione con gli amici». Ma poco dopo evidentemente torna sui fatti della Sardegna perché si guadagna un altro rimprovero della madre «che gli dice di uscire dalla sala d’attesa». Il riassunto dell’intercettazione ambientale rivela che «a quel punto lo zio di Corsiglia sussurra qualcosa all’orecchio di Ciro mentre suo nipote dice che hanno tutta la vita per parlarne». Gli sforzi degli adulti, però, non bastano a chiudere il chiacchiericcio fra i ragazzi. Così quando di nuovo «Ciro ride e scherza la madre gli dice: “Sei un deficiente, non ho parole… siete tre bambini e non capite…”».

Sarà la procura di Tempio Pausania il 25 giugno, giorno dell’udienza preliminare, nella persona del giudice Caterina Interlandi a valutare, fra le altre cose, anche il peso di quei dialoghi, compreso il fatto del «parlare d’altro» suggerito dagli adulti. Perché la videoregistrazione di quei minuti lascia intendere che la prudenza nel parlare sia legata al timore di essere registrati e magari dire cose che — vere o no, seriamente o per scherzo — potrebbero risultare accusatorie.

Infine, quando arriva il quarto del gruppo, Vittorio Lauria, si verifica questa scena, come la descrivono i militari: «Ciro con gesti fa cenno agli altri di smettere di parlare e sempre a gesti fa cenno agli altri di rimanere in silenzio portandosi le mani vicino alle orecchie come a lasciar intendere che potrebbero essere ascoltati». E allora è Vittorio che parla: «Siamo indagati ma sappiamo di essere innocenti» e Francesco gli risponde che «non è né il momento né il posto per parlarne». Ciro: «Abbiamo tutta la vita per parlarne». Ma Vittorio insiste: «Stiamo tranquilli perché noi lo sappiamo di non aver fatto quelle cose lì».

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