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La morte dei fratellini Ciccio e Tore a Gravina

Ciccio e Tore, la procura riapre l’inchiesta: “Coinvolti in una prova di coraggio”

I fratellini di Gravina di Puglia finirono nel pozzo per una prova di coraggio. La Procura di Bari riapre l’inchiesta sulla morte di Ciccio e Tore, in seguito all’esposto della madre, Rosa Carlucci. Secondo la donna, 5 ragazzi, ora maggiorenni, sapevano dell’accaduto.
A cura di Carmine Della Pia
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Fratelli Pappalardi
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Il caso della morte di Ciccio e Tore, i fratellini di Gravina in Puglia finiti in un pozzo il 5 giugno del 2006, è riaperto. La Procura di Bari avvia le indagini in seguito all’esposto presentato dalla madre di Salvatore e Francesco Pappalardi, Rosa Carlucci. La donna ritiene che i figli, 11 e 13 anni all'epoca dei fatti, siano precipitati nel pozzo in seguito ad una prova di coraggio, un gioco finito male a cui avrebbero assistito 5 ragazzi, minorenni all’epoca dei fatti. Tra questi, anche Michele, a cui si deve la scoperta dei cadaveri: lui stesso finì in quel pozzo il 25 febbraio 2008, e quando i vigili del Fuoco lo salvarono, si accorsero anche della presenza di due cadaveri. L’accusa della signora Carlucci è stata accolta dalla Procura, ed è cruciale per il caso: se si trattò di una prova di coraggio, i cinque ragazzi accusati avrebbero visto Ciccio e Tore cadere nel pozzo, ma avrebbero taciuto per tutto il tempo. In seguito al ritrovamento dei miseri resti, Filippo Pappalardi, il padre dei ragazzini, fu scagionato. In un primo momento, infatti, era accusato di aver rapito e ucciso i suoi figli.

Ciccio e Tore, nel pozzo per un gioco finito male – Il tragico caso della morte di Ciccio e Tore fu arricchito da particolari ancora più macabri dopo il 25 febbraio 2008, ovvero quando furono ritrovati in una cisterna. Sulle pareti c’erano segni di unghiate, e le scarpe di uno dei due erano state ritrovate a qualche metro di distanza, perfettamente sistemate. Si pensò, quindi, che i due caddero vivi nel pozzo, e morirono solo dopo di stenti, senza che nessuno potesse udire le loro grida. Rosa Carlucci, la madre delle vittime, si dice convinta che altri ragazzi, ora maggiorenni, convinsero i due a calarsi nel pozzo per gioco, una prova di coraggio eseguita secondo modalità “anche oscene”: il senso di questa espressione, però, non fu mai spiegato nei dettagli. La Procura di Bari ha ritenuto necessario riaprire il caso sulla base dell’ipotesi avanzata dalla donna.

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