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Covid 19

“Cibo scadente e poca pulizia. È come una prigione”: un italiano al Covid hotel da incubo a Maiorca

Francesco Marano ha 30 anni e fa l’agente di commercio a Maiorca, in Spagna. Un paio di settimane fa, un tampone ha accertato la sua positività al Covid-19. Un’ambulanza è andata a prenderlo nella casa che condivide con altri inquilini e l’ha portato al Covid hotel dell’isola. Lì ha trascorso nove giorni, prima di essere lasciato libero di andare via. “Eravamo 250, io praticamente non riuscivo a mangiare nulla – racconta a Fanpage.it – Quando mi hanno fatto uscire, non mi hanno fatto né un tampone né mi hanno consegnato un certificato”. Le immagini mostrano frutta avariata servita ai pasti e cibo passato tra le stanze tramite lenzuola annodate e calate giù dai balconi.
A cura di Luisa Santangelo
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"Soprattutto il cibo: era veramente scadente. Ma poi ogni cosa: è brutto, è come trovarsi dentro a una piccola prigione". Ma senza avere commesso reati e senza date certe di uscita. Francesco Marano ha 30 anni ed è campano: di mestiere fa l'agente di commercio a Maiorca, in Spagna. Ed è lì che un paio di settimane fa è risultato positivo al Covid-19 ed è stato spedito nell'hotel dedicato alla pandemia. Un palazzone bianco con vista sul mare, trasformato in un maxi centro per l'isolamento di turisti e residenti che condividano la casa con altri inquilini. "Eravamo circa 250 persone – racconta Marano – Avevamo fatto amicizia tra un balcone e l'altro". Dopo avere letto la storia dei turisti francesi bloccati all'hotel San Paolo Palace di Palermo, "ho pensato che fosse il caso di raccontare come funzionano le cose per un italiano in un Covid hotel all'estero". Partendo da una grande fortuna: "Da noi a Maiorca l'aria condizionata si poteva accendere, quindi il grande caldo era sopportabile".

Per il resto, però, le differenze tra l'esperienza spagnola e quella siciliana non sono moltissime: "Quando sono entrato in camera l'ho trovata molto sporca, parecchio impolverata. Ho pensato che avrei dovuto trascorrerci 24 ore su 24 e quindi ho insistito affinché tornasse qualcuno a pulire meglio". Per il resto, durante la settimana erano previste le pulizie al mattino, "ma il personale si limitava a fermarsi davanti alla porta, controllare che fosse tutto a posto e mettere un nuovo rotolo di carta igienica se fosse stato necessario". Almeno, però, il pavimento non era di moquette.

"Il cibo era la cosa peggiore. Nei primi giorni, per fortuna, io avevo perso il senso del gusto. Quindi mangiavo per fame, senza sentirne il sapore, le pappette frullate che arrivavano per parecchi pasti. Poi, quando ho cominciato a recuperare i sapori, ed erano più le volte che rispedivo il vassoio indietro senza averlo toccato che quelle in cui mangiavo". Una volta a settimana, ai degenti dell'hotel di Maiorca era concesso di fare la spesa tramite Glovo: "Si potevano ordinare solo cose da mangiare tipo pane, salumi, frutta e mozzarella. E qualche bibita, ovviamente non alcolica". Il pacchetto veniva controllato all'ingresso, ripulito delle cose non autorizzate e poi spedito nelle camere. "Al piano sotto al mio c'era un ragazzo olandese a cui col cibo è andata peggio che a me: un pomeriggio gli ho lanciato parte della mia spesa dal balcone, perché non mangiava dal giorno prima".

Le immagini girate durante la permanenza in struttura raccontano di scambi tra le camere, chiacchiere tra i balconcini, e anche di "soldi lanciati ai passanti in strada affinché acquistassero per gli ospiti del cibo e qualcosa da bere". Il metodo per farli arrivare nelle stanze è un grande classico delle evasioni: le lenzuola annodate tra loro e calate giù dai balconi. Dopo nove giorni dal suo ingresso, di cui gli ultimi tre senza sintomi, Francesco Marano è stato lasciato libero di uscire. "Qui funziona così: niente tampone, niente certificazione. Semplicemente, se non hai sintomi dopo un po' puoi andare via". "Io ho avuto solo un forte mal di testa per un giorno – prosegue – Ho dovuto chiamare a lungo per avere delle medicine, ma a parte questo sono stato bene. E poi io ero fortunato: vivo qui a Maiorca, quindi gli operatori del numero Info-Covid mi contattavano ogni due giorni per sapere come stavo e per aggiornarmi".

Perché erano gli stranieri che non conoscevano la lingua e non avevano familiarità con l'organizzazione della sanità spagnola a trovarsi maggiormente in difficoltà. "Io parlo spagnolo e, lavorando qui, so come funzionano tante cose. Ma in tutta la struttura non c'è quasi nessuno che conosca l'inglese. Quindi chi non parla spagnolo, di fatto, non ha modo di sapere niente di quello che lo riguarda. Né viene contattato telefonicamente dal servizio centrale Info-Covid. L'olandese è stato letteralmente dimenticato nella sua stanza, molto spesso mi sono trovato a fare da traduttore per gli altri. È impensabile che un posto del genere, che accoglie persone da tutt'Europa, possa essere organizzato così", conclude.

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