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Caso Guerrina Piscaglia, motivazioni condanna: “Padre Gratien uccise per evitare scandali”

Le motivazioni della sentenza, pronunciata dalla Corte d’appello il 24 ottobre 2016, che ha condannato il frate congolese a 27 anni per omicidio volontario e occultamento di cadavere di Guerrina Piscaglia, la donna scomparsa nell’Aretino nel 2014.
A cura di Susanna Picone
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Padre Gratien uccise Guerrina Piscaglia per evitare uno scandalo”. Secondo i giudici che lo scorso 24 ottobre hanno condannato il frate congolese a ventisette anni per omicidio volontario e occultamento di cadavere fu “un atto istintivo”. Padre Gratien Alibi uccise Guerrina Piscaglia –  il caso è quello della donna scomparsa da Cà Raffaello, nell’Aretino, il primo maggio 2014 – “perché aveva paura”. “Vedeva minacciate la salvaguardia del suo onore e la sua dignità di prete”, è quanto si legge nelle motivazioni della sentenza di condanna pronunciata dalla Corte d'appello. Attualmente padre Gratien si trova nel convento romano dei padri Premostratensi dove celebra messa e fa intensa vita di comunità. L’uomo si è sempre proclamato innocente ed estraneo alla scomparsa della donna aretina il cui cadavere non è mai stato ritrovato.

A pubblicare gli aspetti salienti delle motivazioni della sentenza di condanna è il Corriere di Arezzo. Motivazioni nelle quali la Corte afferma che Guerrina Piscaglia non si è allontanata, non si è suicidata, ma è stata uccisa quel giorno a  Cà Raffaello. E a ucciderla sarebbe stato appunto padre Gratien. Il quadro accusatorio è composto secondo i giudici da indizi “gravi, precisi e concordanti”. Sei i punti fondamentali sui quali si basano le accuse del pm Marco Dioni, sposate dalla Corte. In primis i contatti telefonici che intercorrono fra il religioso e la donna scomparsa e che si fermano alle 14 del primo maggio 2014 quando Guerrina sparisce. Poi l'uso del cellulare della donna da parte di Alabi e l'invio dei messaggi che la Corte attribuisce sicuramente alla sua mano. Le celle telefoniche dimostrano che telefoni della vittima e di Gratien, dopo il primo maggio, sono attivi nello stesso luogo. Poi ancora il depistaggio creato dal religioso del marocchino di Gubbio per accreditare l'idea della fuga. E ancora il depistaggio “ancora più subdolo” di zio Francesco “personaggio inventato” coprendosi con la scusa del segreto confessionale. Infine l'indole di Alabi, incline a dire falsità.

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