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Caso Bibbiano, news sull'inchiesta Angeli e Demoni

Caso Bibbiano, “Assistenti sociali pensavano di salvare i bimbi da una setta di pedofili”

A seguito della scarcerazione di Federica Anghinolfi, ex dirigente dei servizi sociali della Val d’Enza, e di un assistente sociale, il Gip ha ribadito i gravi indizi di colpevolezza ricordando che vi era la convinzione di dover salvare i bimbi da una inesistente setta di pedofili condizionando anche l’operato dei periti del Tribunale.
A cura di Antonio Palma
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Assistenti sociali, professionisti e operatori del settore coinvolti nello scandalo Bibbiano erano convinti che in zona operava una vera e propria setta di pedofili da cui i bambini dovevano essere salvati sottraendoli alle famiglie. È quanto emerge dalle carte dell’inchiesta "Angeli e Demoni" sugli affidi illeciti nella Val d'Enza. Come riporta Il Resto del Carlino, lo hanno scritto i giudici del Tribunale di Reggio Emilia nell’ordinanza che dispone il divieto di esercizio della professione per la durata di un anno a carico di Federica Anghinolfi, 57enne ex dirigente dei servizi sociali della Val d’Enza e Francesco Monopoli, 34enne assistente sociale. I due infatti sono stati scarcerati nelle scorse ore per ordine degli stessi giudici che hanno anticipato di alcuni giorni la naturale scadenza della misura cautelare degli arresti domiciliari a cui erano sottoposti da sei mesi.

La scarcerazione è arrivata perché, secondo i giudici, per i due non sussiste più il pericolo che "compromettano la genuinità delle fonti di prova e delle testimonianze". I due, anche se a piede libero da sabato scorso, restano indagati. Anzi, nell’ordinanza di divieto di esercitare la professione, il giudice per le indagini preliminari Luca Ramponi ha sottolineato che per loro sono confermati e rafforzati i gravi indizi di colpevolezza". Secondo il gip, infatti, gli indagati, insieme agli altri soggetti al centro dell’inchiesta Bibbiano, avrebbero portato avanti "”un programma unitario criminale, volto a sostenere abusi sessuali inesistenti".

Per il gip ci sono “numerose conferme probatorie” anche “sulle ipotesi di abuso d’ufficio e falsificazione delle relazioni”. In particolare, sempre per l’accusa, i due indagati "con la convinzione della setta dei pedofili condizionavano anche l’operato dei periti e dei consulenti tecnici d’ufficio dei tribunali, a cui veniva riferito di non parlare con nessuno perché la setta era composta da magistrati e forze dell’ordine".

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