Casa nel bosco, perché il Tribunale ha sospeso la potestà genitoriale alla famiglia: cosa dicono le carte

Sono determinati a contestare ogni passaggio dell’ordinanza che ha portato all’allontanamento dei loro tre figli. I genitori della famiglia che viveva isolata in un casolare nel bosco di Palmoli, in Abruzzo, hanno annunciato battaglia legale "in tutte le sedi opportune" con l'intento di riportare a casa i bambini. "Torneremo a essere un nucleo familiare", ha dichiarato ieri la madre, unica autorizzata per ora a vivere insieme ai piccoli nella casa famiglia che li ospita dopo il provvedimento del Tribunale per i minorenni dell’Aquila. Assistiti dal loro legale, i due genitori hanno già predisposto l’atto di opposizione, contestando punto per punto le motivazioni alla base della sospensione della potestà genitoriale.
Nei giorni scorsi – come è noto – il Tribunale per i minorenni dell’Aquila, dopo l’intervento delle forze dell’ordine e una lunga mediazione tra genitori, assistenti sociali e avvocati, aveva disposto il collocamento dei minori in comunità educativa per un periodo di osservazione. La decisione è arrivata al termine di settimane di verifiche e dopo il confronto con una famiglia che, agli occhi dell’autorità giudiziaria, non garantiva più le condizioni essenziali di tutela, sicurezza e relazione per i figli.
La motivazione alla base dell’ordinanza è netta: non tanto l’istruzione – che pure presenta criticità – ma il rischio di pregiudizio grave per la "vita di relazione" dei minori, diritto costituzionale che, secondo i giudici, era stato compromesso dall’isolamento imposto dal particolare stile di vita scelto dai genitori.
Cosa dice l'ordinanza del Tribunale de L'Aquila
Ma cosa dice l'ordinanza redatta dai giudici Cecilia Angrisano, Roberto Ferrari Giudice, Simone Giovarruscio e Alida Gabriela? Il provvedimento ricostruisce nei dettagli le motivazioni che hanno portato alla sospensione della responsabilità genitoriale. Nel quadro delineato dalle relazioni dei Carabinieri e degli assistenti sociali, la situazione evidenziava "indizi di preoccupante negligenza genitoriale, con particolare riguardo all’istruzione della figlia, alla cura di relazione degli stessi, conseguenti alla mancata frequentazione di istituti scolastici e all’isolamento in cui vivevano".
Particolarmente rilevante, agli occhi del Tribunale, era la condizione abitativa: "Era inoltre imprescindibile una relazione tecnica sulla sicurezza statica del rudere destinato ad abitazione dei minori", un edificio datato e privo degli allacci alla rete elettrica, al gas e all'acqua.
Cinquantamila euro per sottoporre i figli agli esami del sangue
Il Tribunale spiega di aver incaricato il Servizio Sociale di effettuare controlli medici e verifiche sull’abitazione, ma tali accertamenti sono stati ostacolati dai genitori: "Contrariamente all’impegno a collaborare dichiarato all’udienza, i genitori non hanno inteso più avere incontri e colloqui con gli assistenti sociali. È stata quindi necessaria una visita domiciliare nel corso della quale i genitori hanno impedito l’accesso all’abitazione e un contatto diretto tra gli assistenti sociali e i minori".
Nell'ordinanza si legge che "gli accertamenti sanitari obbligatori non sono stati compiuti. I genitori hanno esibito al Servizio Sociale, affidatario esclusivo riguardo alle scelte di natura sanitaria, un certificato medico per ciascun minore nel quale la pediatra evidenzia la necessità, in considerazione della storia clinica e familiare, di effettuare visita neuropsichiatrica infantile per una globale valutazione psicologica e comportamentale dei bambini, nonché esami ematochimici per una valutazione dello stato immunitario vaccinale. I genitori hanno dichiarato che consentiranno gli accertamenti richiesti della pediatra se verrà loro corrisposto un compenso di 50.000 euro per ogni minore".
Le condizioni della casa
Sul fronte abitativo, rilevata "l’assoluta assenza di impianti elettrici e idrico/sanitario e la carenza di rifinitura e infissi", i servizi sociali avevano chiesto ai genitori una perizia da parte di un geometra che attestasse "l’assenza di lesioni strutturali pregiudizievoli per la statica dell’abitazione". Tuttavia "la perizia prodotta dalla famiglia è stata giudicata insufficiente a dimostrare condizioni dell’immobile idonee alla tutela dell’integrità fisica dei minori".
Il Tribunale chiarisce che l’abitazione risulta priva degli impianti essenziali: "L’assenza di agibilità e, pertanto, di sicurezza statica (anche sotto il profilo del rischio sismico e della prevenzione di incendi), degli impianti elettrici, idrico e termico e delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità dell’abitazione comporta una presunzione ex lege (…) dell’esistenza di pericolo di pregiudizio per l’incolumità e l’integrità fisica dei minori".
L’istruzione e la vita di relazione
Nell'ordinanza, il Tribunale afferma che la questione scolastica – pur critica – non è la base dell’allontanamento: "Va evidenziato che l’ordinanza cautelare non è fondata sul pericolo di lesione del diritto dei minori all’istruzione, ma sul pericolo di lesione del diritto alla vita di relazione (art. 2 Cost.), produttiva di gravi conseguenze psichiche ed educative a carico del minore".
Il provvedimento insiste sugli effetti dell’isolamento sociale: "La deprivazione del confronto tra pari in età da scuola elementare (…) può avere effetti significativi sullo sviluppo del bambino, che si manifestano sia in ambito scolastico che non scolastico". A questo proposito i giudici forniscono una lunga descrizione scientifica delle conseguenze: "Difficoltà di apprendimento cooperativo… Mancanza di autostima e motivazione… Problemi di regolazione emotiva… Incapacità di riconoscere l’altro… Rischio di isolamento e bassa autostima… Vulnerabilità alla pressione dei pari…". "Il bambino – afferma l'ordinanza – potrebbe faticare a gestire i conflitti (non avendo imparato a negoziare e a comprendere le diverse prospettive), manifestando comportamenti di isolamento o, al contrario, di aggressività (bullismo)".
L'esposizione mediatica dei figli
Un passaggio ritenuto estremamente grave dal Tribunale riguarda la decisione dei genitori di esporre i figli pubblicamente. Il padre e la madre, infatti, "hanno fatto partecipare ai figli a una trasmissione televisiva a diffusione nazionale (Le Iene), (…) violando il diritto dei minori alla riservatezza e alla tutela dell’identità personale".
Secondo l’ordinanza, ciò rappresenta un aggravamento della posizione dei genitori nel procedimento: "I genitori, con tale comportamento, hanno mostrato di fare uso dei propri figli allo scopo di conseguire un risultato processuale a essi favorevole (…) invocando pressioni dell’opinione pubblica sull’esercizio della giurisdizione".
La decisione finale: sospensione della responsabilità genitoriale
Il Tribunale arriva così alle conclusioni, giudicate inevitabili: "In considerazione delle gravi e pregiudizievoli violazioni dei diritti dei figli all’integrità fisica e psichica, all’assistenza materiale e morale, alla vita di relazione e alla riservatezza, i genitori vanno sospesi dalla responsabilità genitoriale".
L'ordinanza del Tribunale per i Minorenni de L'Aquila è corredata da una serie di valutazioni attente. Quello che emerge è un quadro complesso, segnato da una progressiva rottura del rapporto di fiducia tra istituzioni e genitori. L’isolamento, il rifiuto delle verifiche da parte degli assistenti sociali, la precarietà abitativa, il rifiuto persino a sottoporre i figli a degli esami del sangue – e infine l’esposizione mediatica dei minori – hanno portato i giudici a ritenere non più garantita la tutela dei bambini. L’ordinanza restituisce un’immagine di fragilità, non solo materiale, ma soprattutto relazionale. Ed è proprio su questo punto – la vita di relazione dei minori, il loro diritto a crescere in un contesto socialmente adeguato – che il Tribunale ha fondato la decisione più drastica: sospendere, per ora, la potestà genitoriale e avviare un percorso di protezione per i bambini.