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Carabiniere uccise la moglie a Palermo. Le figlie denunciano lo Stato: “Non fece nulla per evitarlo”

Rosanna Siciliano venne uccisa nel 2012 dal marito, carabiniere in servizio a Palermo: la donna da almeno un anno denunciava maltrattamenti e violenze, ma nessuno la protesse.
A cura di Davide Falcioni
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"Vivo ormai in clima di vero terrore, mio marito mi ha colpita con pugni e schiaffi, ha continuato a colpirmi lasciandomi a terra sanguinante mentre chiedevo aiuto. La mia bambina di 5 anni era lì davanti e piangeva terrorizzata". Sono le parole che il 7 febbraio del 2011 Rosanna Siciliano fece verbalizzare nelle denuncia contro il marito, dal quale stava cercando di separarsi e che ripetutamente la picchiava e umiliava. Esattamente un anno dopo, il 7 febbraio del 2012, l'uomo – il carabiniere Rinaldo D'Alba – la uccise prima di togliersi la vita sparandosi alla testa. A ritrovare i corpi dei genitori furono le figlie di 6 e 12 anni, che aprirono la porta della camera da letto e trovarono i i cadaveri.

Sono state proprio le due ragazze, che oggi hanno 19 e 12 anni, a denunciare la presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero della Difesa e il ministero della Giustizia davanti al tribunale civile di Palermo. Insieme a loro, la citazione reca le firme di Rosaria Alessi, nonna materna, e degli zii Manuela e Alessia Siciliano. Tutte insieme hanno deciso di chiedere un risarcimento danni allo Stato, che nulla fece affinché la tragedia non si consumasse. Rosanna Siciliano, infatti, "si era rivolta alle forze dell'ordine prima di essere uccisa, aveva segnalato e denunciato l'ex marito che la intimidiva e sperava di trovare nello Stato un punto di appoggio, una protezione. Aveva raccontato ai carabinieri che il marito la minacciava, anche davanti alle figlie, che era violento, che la picchiava e le urlava contro spaventandola al punto da condurla a non volerlo più vedere".

Secondo Gabriele e Vanessa Fallica, i legali che assistono i familiari di Rosanna Siciliano, sussiste "una responsabilità dello Stato ed in particolar modo dell'Arma dei Carabinieri, per le gravi omissioni perpetrate nonostante le denunce fatte dalla vittima. Le figlie e i familiari della vittima dopo sei anni, non hanno ricevuto alcuna assistenza". Per gli avvocati l'Arma "nonostante la consapevolezza che il dipendente avesse gravi problemi di natura psicologica, manifestati con ripetuti atti di violenza contro la moglie, ha continuato a mantenerlo in servizio senza prendere alcun provvedimento anche a sua tutela".

Rinaldo D'Alba era un carabiniere in servizio alla stazione Falde ed era a Palermo dal 1995. Alcuni mesi prima della tragedia la coppia aveva avviato la causa di separazione. Rosanna Siciliano viveva insieme alle figlie in caserma e il carabiniere nella camerata dello stesso immobile. Nella denuncia i legali scrivono che quel "che desta stupore è la circostanza che tutto avveniva all'interno di una caserma dei carabinieri dove i colleghi del marito, senza mai intervenire, sapevano e vedevano che Rosanna voleva semplicemente vivere in pace dopo gli alti e bassi di un matrimonio ormai naufragato, una pace che però non ha mai raggiunto per aver subito violenza da chi sosteneva di amarla e da chi avrebbe dovuto proteggere il suo diritto alla vita".

Perché chi ne aveva il potere non fece nulla per evitare la tragedia? Perché Rinaldo D'Alba non venne messo nella condizione di essere inoffensivo? Sua moglie un anno prima di venire uccisa dichiarò nella denuncia: "L'aggressività di mio marito è notevolmente aumentata, io ho iniziato ormai a vivere in un clima di vero terrore, temendo di essere picchiata per un nonnulla e lui ha addirittura iniziato a rivolgersi anche verso le bambine e non più solamente nei miei confronti in termini ingiuriosi…".

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