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Camorra, la confessione di Iovine: “250mila euro per corrompere i giudici”

Il boss pentito nel corso di un interrogatorio ha rivelato come avrebbe potuto “aggiustare un processo” corrompendo un giudice del Tribunale di Napoli.
A cura di Davide Falcioni
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"Aggiustare" i processi di camorra? Secondo Antonio Iovine, boss pentito del Clan dei Casalesi, è possibile. Nel Tribunale di Napoli, stato a quanto riferito in un interrogatorio sostenuto lo scorso 13 maggio, sarebbe esistita "tutta una struttura" adibita alla "sistemazione" dei processi inerenti la criminalità organizzata. La rivelazione – la prima di Iovine dall'inizio del suo percorso di collaborazione con la giustizia – sarebbe stata ribadita in un altro interrogatorio del 28 maggio, quando l'ex boss sostenne di aver appreso dall'avvocato Michele Santonastaso, suo legale storico oggi imputato di collusioni con la camorra, "che c'era la possibilità di ottenere una sentenza di assoluzione – in un processo d'appello per un duplice omicidio n.d.r. – e per questo occorrevano 250 mila euro per comprare, per corrompere i giudici".

Le rivelazioni shock di Iovine al vaglio dell'autorità giudiziaria

Le affermazioni di Antonio Iovine sono ora al vaglio dell'autorità giudiziaria, che dovrà verificarne l'attendibilità e soprattutto trovare gli effettivi riscontri. L'ex boss viene interrogato dai pm Antonello Ardituro e Cesare Sirignano con il procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli. I nuovi verbali sono stati depositati oggi al processo che vede sia Iovine che l'avvocato Santonastaso imputati delle minacce in aula allo scrittore Roberto Saviano e a Rosaria Capacchione.

Iovine ai boss della Camorra: "Seguite il mio esempio e pentitevi"

Recentemente ‘O Ninno – come veniva chiamato Iovine – ha lanciato un messaggio ben preciso ai boss della camorra: "Invito tutti quelli che mi sono stati vicini e hanno commesso questi reati assieme a me a parlare con i magistrati”. Iovine, inoltre,  ha spiegato di aver capito fin dalla latitanza che l'organizzazione criminale di cui era a capo “non aveva un futuro”, e per questo durante la detenzione ha deciso di pentirsi e collaborare. "Ritengo che il clan dei Casalesi non esista più, infatti anche prima della mia cattura nel 2010 avevo deciso già da tempo di non aderire più al clan, poi nel tempo, con la carcerazione, pensavo che non ci fosse più la necessità di appartenere al cartello criminale perché non esisteva più" ha dichiarato ‘O Ninno, aggiungendo: "Collaboro per spingere altri a farlo. Riflettevo sulla necessità di appartenere o meno a un clan che magari non esiste più e sul fatto che sarebbe bene che tutti quelli che mi conoscono, e sanno che sono una persona razionale, seguissero l’esempio che sto dando".

Chi è Antonio Iovine, la mente economica dei Casalesi

Il pentimento di Antonio Iovine è considerato un momento potenzialmente determinante nella lotta alla Camorra. ‘O Ninno, infatti, era ai vertici del clan dei Casalesi: condannato in via definitiva all'ergastolo, durante una latitanza lunga 15 anni ha comunque continuato a gestire gli affari del clan, di cui era considerato la mente economica. Scovato e catturato nell'autunno del 2010 a Casal di Principe, è stato per quattro anni detenuto in regime di carcere duro. Poche settimane fa ha deciso di collaborare con la giustizia ed è stato trasferito, insieme alla famiglia, in una località protetta.

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