Caffè a 50 centesimi se porti la tazzina, Lina: “Tutti devono poter andare al bar, è un luogo felice”

"Voglio avvicinare tutte le persone che non possono più permettersi neanche un caffè al bar. Per me, il bar è un luogo felice, dove le persone devono sentirsi libere di venire e socializzare".
Per Lina Oldrati, titolare del Bar da Giulia in via del Commissario 32 a Padova, l’idea del bar è chiara, per questo ha cercato di realizzarla facendo pagare il caffè solo 50 centesimi per chi si presenta con la tazzina da casa. La notizia ha fatto il giro del web e Lina ha raccontato a Fanpage.it come è nata questa idea.
"L’iniziativa è già partita, e da qualche settimana alcuni clienti arrivano davvero con la loro tazzina", racconta Lina. Ma il caffè a 50 centesimi è solo l’ultimo modo per rendere accessibile a chiunque il bar: "Tutto è cominciato con un vasetto che avevo messo vicino alla cassa, con su scritto: Se non ti servono, lasciali. Se ti servono, prendili. Era per chi voleva lasciare una mancia. Ho notato che dentro finivano tante monetine da 1, 2 o 5 centesimi. Poi hanno iniziato a comparire anche quelle da 10 e 20 centesimi. Così mi è venuta l’idea del caffè sospeso".

Una tradizione tipica dei bar napoletani, che sorprende trovare a Padova, in Veneto, ma che forse avviene per una ragione: "Mia madre è casertana, quindi ho anch’io un po’ di spirito napoletano" dice con orgoglio Lina. "Sono nata a Bergamo, ma nelle mie vene scorre il sangue del Sud. Anche prima del caffè sospeso – racconta – mi è capitato di offrire del caffè a chi non poteva permetterselo, poi ho deciso di adottare l’idea della tazzina".
La scelta della tazzina, come ha anche ricordato la titolare Lina, è stata adottata anche da altri bar. Come ad esempio è successo qualche tempo fa in un bar del Molise, dove l'iniziativa, accolta anche da qualche critica, è nata da una protesta contro il rincaro dei prezzi e per solidarietà verso i clienti.
Lina non è sempre stata una barista. Alle spalle ha una carriera da imprenditrice. A Bergamo, gestiva una catena di franchising. Poi la svolta: "Ho deciso di mollare tutto per migliorare la qualità della mia vita. Qui in Veneto si vive molto meglio che in Lombardia. A Bergamo era tutto frenetico, si lavorava e basta. Anche adesso lavoro 13 ore al giorno, ma almeno mi diverto come una matta" dice ridendo.
Dietro alla sua iniziativa solidale però, ci sono anche altri motivi: "Il caffè ormai lo pago 33 euro al chilo, contro i 17 euro di prima. Il decaffeinato è arrivato addirittura a costare 45 euro al chilo, e poi c’è l’IVA, ovviamente. Mi sembra logico che più salgono i prezzi meno persone potranno permettersi di bere un caffè al bar". L’ottimismo su questo fronte fa fatica a emergere. L’aumento dei prezzi secondo la titolare è destinato a salire: "Il mio caffè costa 1.40 euro – dice Lina -, non andiamo oltre questo prezzo. Anche se di questo passo entro il 2026 il prezzo sarà di 1.50 euro a tazzina, senza contare il servizio al tavolo, anche se qui a Padova non è necessario. Le persone sono così educate che mi sparecchiano anche i tavoli. Non servirebbe neanche la cameriera certe volte".
Infine, Lina spera davvero che il suo gesto possa diventare un esempio: "Mi auguro che l’iniziativa venga adottata anche da altri bar. Così non si creano competizioni, e magari anche la signora pensionata che oggi non può permettersi un caffè potrà tornare a gustarselo al bar".