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Bruna Bovino colpita al volto con brutalità, le motivazioni della condanna dell’ex Antonio Colamonico

Le motivazioni della sentenza di condanna per Antonio Colamonico, imputato per l’omicidio della 29enne Bruna Bovino, uccisa a Mola di Bari il 12 dicembre 2013.
A cura di Antonio Palma
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Bruna Bovino si è difesa con tutte le sue forze ma è stata atterrata e sovrastata dall'assassino che l’ha immobilizzata prima di colpirla brutalmente al volto, lo spiegano le motivazioni della sentenza di condanna inflitta all’ex fidanzato Antonio Colamonico, imputato per l'omicidio dell’estetista 29enne italo-brasiliana uccisa a Mola di Bari il 12 dicembre 2013. Per i giudici della Corte di Assise di Appello di Bar, Bruna Bovino ha "subito un'aggressione nel corso della quale ha lottato prima di subire quei brutali colpi al volto" e "quando fu atterrata e sovrastata dall'assassino, non poté più muovere le braccia e difendersi dai colpi che le venivano inferti, riusciva però a muovere il capo e le mani, assai verosimilmente in maniera convulsa, nell'istintivo e disperato, ma altresì vano, tentativo di sottrarsi ai colpi che il suo assassino continuava a infliggere".

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I capelli rossi trovati tra le dita della vittima, secondo la corte non appartengono ad una terza persona, ad un "aggressore verosimilmente di sesso femminile", come ha sempre sostenuto l’uomo, ma è molto più probabile che le mani della vittima durante l'aggressione "restarono impigliate nei capelli che si intinsero di sostanza ematica" e quando, "già sanguinante, si ritrovò le mani dell'assassino intorno al collo, verosimilmente tentò di afferrare le mani del suo aggressore nel tentativo di difendersi". Per gli stessi giudici baresi, l’imputato mente quando dice di aver tentato un atto lesionista la sera stessa della morte della sua ex fidanzata. Per la corte all’imputato vanno negate le attenuanti generiche perché “non ha mai manifestato segni di resipiscenza e ha reiteratamente fatto dichiarazioni mendaci".

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Le lesioni sulle mani di Colamonico, "neppure lontanamente sono compatibili con l'azione di autolesionismo – simulata la sera stessa dell'omicidio" e "invece compatibili con l'aggressione": le "graffiature e unghiature connesse al tentativo della Bovino di difendersi nel corso dell'aggressione" e le "ustioni durante l'appiccamento del fuoco" per occultare le prove del delitto, sostengono i giudici. Il corpo di Bruna Bovino infatti fu trovato semicarbonizzato sul pavimento del centro estetico dopo essere stata uccisa con 20 colpi di forbici e strangolata. Il 41enne è stato condannato nel processo di appello bis a Ventisei anni e sei mesi di reclusione dopo l'annullamento con rinvio da parte della Cassazione del primo processo di secondo grado in cui era stato assolto.

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