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Bologna, liceo vieta i cellulari a studenti e prof: “Così i ragazzi sono tornati a parlarsi”

Elena Ugolini, preside del liceo Malpighi di Bologna, ha vietato l’uso dei cellulari a scuola a studenti e insegnanti, dalle 8 del mattino fino alla fine delle lezioni. “I ragazzi sono tornati a parlarsi e guardarsi in faccia, e così hanno fatto anche gli insegnanti”.
A cura di Davide Falcioni
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Da due giorni il telefono di Elena Ugolini, direttrice del liceo Malpighi di Bologna, non smette di squillare.

Da tutta Italia le arrivano chiamate per complimentarsi e chiederle conto di una decisione tanto semplice quanto rivoluzionaria: vietare a studentesse, studenti e insegnanti della "sua" scuola l'utilizzo del cellulare dal suono della prima campanella – alle 8 del mattino – fino all'uscita. Niente Whatsapp, Tik Tok, Facebook, Instagram e Tinder per 5 ore al giorno, niente notifiche, chat, messaggi e telefonate neppure durante i cambi d'ora o l'intervallo.

Elena Ugolini
Elena Ugolini

Cellulari chiusi in un cassetto dalle 8 alle 13

Ma come è nata questa decisione della preside Ugolini? "In realtà già dal 2007 il regolamento di tutte le scuole italiane prevede che non si possano utilizzare i cellulari in classe, se non per motivi didattici". Quello che accadeva era però ben altro, e sovente sia gli alunni che i professori sbirciavano lo schermo dello smartphone, dirottando per qualche istante l'attenzione dalla lezione alle chat. Per questo la dirigente scolastica ha preso una decisione drastica: "I ragazzi devono lasciare il loro telefono in un cassetto non appena arrivano in classe, gli insegnanti invece devono lasciarlo in sala professori. Possono tutti ritiralo alla fine della mattina, senza eccezioni, se non per gravi motivi".

Stop a chat e notifiche durante le lezioni

Dopo quasi tre anni di pandemia e distanziamento – è il ragionamento della dirigente scolastica – il ritorno in classe in presenza non deve essere continuamente interrotto dalle distrazioni del cellulare. "Vogliamo creare un clima di lavoro positivo, senza l'intrusione continua dello smartphone. Crediamo che questo sia importante sia durante le ore di lezione e laboratorio che nei cambi d'ora e la ricreazione. Ho visto concretamente cosa sono stati gli intervalli senza telefonini di mezzo: i ragazzi sono tornati a parlarsi e guardarsi in faccia, e così hanno fatto anche gli insegnanti". Ma effetti benefici ci sono stati anche sulla concentrazione, come dimostrato negli ultimi anni da numerosi neuroscienziati e psichiatri: non a caso a complimentarsi con la dirigente scolastica bolognese è stato anche Paolo Crepet.

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Come l'hanno presa gli studenti: grande curiosità e poche proteste

Ci si potrebbe aspettare che il divieto di utilizzare i cellulari sarebbe stato accolto da studenti e studentesse con vibranti proteste, se non con un'esplicita disobbedienza. Così invece non è stato: lo scorso anno, infatti, la preside Elena Ugolini aveva condotto un primo "test" su una sola classe registrando un sensibile miglioramento delle relazioni tra gli alunni, che sono stati i primi a notarlo e a trarne giovamento. "Credevo che non avrebbero accettato questa decisione, invece non è stato così. Complessivamente i ragazzi hanno accettato un patto, visto che anche noi adulti abbiamo deciso di rinunciare al cellulare. L'accordo è che per un anno non useremo lo smartphone nelle aule, nei laboratori e nei corridoi. Qualche studente si è lamentato, ma in generale si sono fidati della bontà di questa idea".

"La sfida per gli insegnati: rendere la scuola piacevole per gli studenti"

Certo, qualcuno ha storto il naso contro quella che è comunque un'imposizione dall'alto. C'è chi ha fatto notare che un divieto non aiuta la responsabilizzazione e chi ha segnalato un problema ben più complesso e difficile da risolvere: "Una ragazza torinese, presidente dell'Unione degli Studenti Italiani, questa mattina ha rilasciato un'intervista critica verso la mia decisione e ha fatto una domanda giusta: ‘Vi siete chiesti perché sentiamo la necessità di controllare il telefono durante le lezioni? Che proposta ci fate?' Ha ragione. Anche dopo aver ripristinato il silenzio spetta a noi adulti fare in modo che si appassionino a quello che apprendono a scuola. È questa la vera sfida, ed è compito nostro affrontarla".

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