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Covid 19

Arrivano i test sierologici rapidi italiani: cosa sono e come ottenere la patente d’immunità

La multinazionale DiaSorin ha messo a punto i primi test sierologici rapidi elaborati e sperimentati in Italia: ora si attende la certificazione, per poi iniziare i test sulla popolazione entro la fine di aprile. Con un esame del sangue si può verificare la presenza di anticorpi neutralizzanti nelle persone contagiate dal Coronavirus, fornendo quella che viene definita la patente d’immunità. Vediamo cos’è e come funziona.
A cura di Stefano Rizzuti
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A fine aprile l’Italia potrà avere i suoi test sierologici rapidi. Si tratta di un esame del sangue elaborato, sperimentato e prodotto in Italia che serve a verificare chi ha sviluppato gli anticorpi per il Covid-19. A realizzalo, dopo sei settimane di studi al Policlinico San Matteo di Pavia, è la multinazionale DiaSorin, come racconta il Corriere della Sera. L’azienda è pronta al lancio del test costruito nei laboratori di Saluggia (Vercelli) da 50 ricercatori. Entro due settimane dovrebbe arrivare la certificazione Ce, poi partirà il test sulla popolazione. Il costo dovrebbe essere inferiore a 5 euro ciascuno e il risultato dovrebbe arrivare in un’ora. L’ipotesi è quella di realizzare fino a 500mila campioni al giorno in Italia. Un passo avanti importante anche perché i test sierologici cinesi attualmente in circolazione non sono considerati del tutto affidabili, non avendo ancora ricevuto alcuna certificazione di validità.

Come funziona il test sierologico rapido: una patente d’immunità

Il test serve per capire chi potrà essere considerato guarito dopo aver contratto il virus, avendo sviluppato gli anticorpi che permettono di non ammalarsi di nuovo. Si tratta di una sorta di patente d’immunità, in sostanza. L’esame consiste in un normale prelievo del sangue, che viene inserito in un macchinario che mette in contatto quella goccia con la protezione sintetica costruita nei laboratori con un pezzo di Sars-Cov-2. L’esame consiste nella verifica del legame tra proteina e anticorpo neutralizzante, evidenziandolo con un segnale luminoso. I test sono stati effettuati nel laboratorio di virologia del San Matteo di Pavia, con campioni di sangue provenienti da 150 pazienti ricoverati per la malattia e in diverse fasi del contagio: chi in terapia intensiva, chi in via di guarigione, chi già guarito. Con la sperimentazione viene individuata la quantità di anticorpi prodotti dall’organismo e di quelli neutralizzanti, che poi lo proteggeranno.

Gli asintomatici e i test su medici e infermieri

Questi test serviranno anche per gli asintomatici. Nella fase due dell’emergenza si impiegheranno anche sugli asintomatici, infatti, che finora non sono stati sottoposti al tampone perché presentavano sintomi lievi o nulli. Il test rivela la quantità totale di anticorpi e l’eventuale presenza di quelli neutralizzanti, che permettono di considerare immune una persona. Non si può però escludere la potenziale infettività, che si può accertare solo con il doppio tampone classico negativo. Con i test rapidi, però, si potrebbe evitare il secondo tampone finale a soggetti già negativi, nel caso in cui abbiano un’alta presenza di anticorpi neutralizzanti. Queste persone, comunque, pur stando bene potrebbero ancora essere infettive e dovrebbero quindi stare ancora a casa per altri sette giorni. Il test dovrebbe essere disponibile tra due settimane, grazie a una procedura semplificata che segue l’emergenza. In Italia l’impiego dovrebbe avvenire in maniera prioritario sul personale sanitario, quindi medici e infermieri. Poi si potrebbe passare allo screening di massa per la fase due.

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