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Appalti sanitari pilotati per 130 milioni di euro, 10 indagati a Palermo: “Corruzione sistemica”

La guardia di Finanza di Palermo ha disposto 10 ordinanze di misure cautelari e visionato numerosi appalti del settore sanitario locale dal valore di 130 milioni di euro: ai domiciliari il commercialista Antonio Sciacchitano.
A cura di Dario Famà
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Un blitz della Guardia di Finanza di Palermo ha fatto venire a galla un sistema pilotato e criminale nella gestione degli appalti sanitari siciliani. Questa mattina, le Fiamme gialle, su disposizione della Procura locale hanno fatto scattare una serie di misure cautelari per 10 persone, provvedimenti emessi dal Giudice per le indagini preliminari.

Gli indagati sono accusati di corruzione, turbata libertà degli incanti e nel procedimento di scelta del contraente ed emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti.

Secondo un indagine condotta dai finanzieri, il valore complessivo degli appalti manipolati corrisponde a più di 130 milioni di euro. All'interno del cartello di malaffare sarebbero coinvolti faccendieri, professionisti del settore, lobbisti, manager pubblici e imprenditori con collaboratori legati ad alcuni politici: avrebbero agito in sintonia per orientare a le procedure di gara a favore di alcune aziende preventivamente selezionate. La Procura palermitana ha parlato di una situazione di "corruzione sistemica".

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L'operazione veniva articolata nel seguente modo: gli indagati avrebbero consegnato documenti secretati ai referenti delle società prescelte, in particolare riguardanti le gara d'appalto ancora da bandire o fabbricate ad hoc. Nel caso in cui tali aziende non avessero collaborato, gli avvisi pubblici sarebbero stati annullati, impedendo ai più onesti di partecipare ai concorsi.

Non solo: a quanto sembra, gli indagati avrebbero anche provato a influenzare le commissioni giudicatrici, inserendo al loro interno alcuni membri di fiducia. La moneta di scambio era costituita dalla promessa di "tangenti di rilevante importo collegate al valore delle commesse e, talvolta, mascherate da accordi di consulenza, anche sotto forma di assunzione di prossimi familiari".

Il commercialista Antonio Maria Sciacchitano è finito agli arresti domiciliari. Il 65enne era molto conosciuto a livello locale e aveva ricoperto diversi incarichi a livello politico in sede regionale. Secondo gli inquirenti, l'uomo, insieme al complice Giovanni Cimo, avrebbe cercato di contattare Silvio Cuffaro, dirigente generale dell'assessorato e fratello dell'ex governatore della Sicilia.

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L'obiettivo era agevolare la Polygon Spa, una delle azienda favorite, per farle aggiudicare l'assegnazione del lotto 1, chiudendo una transazione con la Centrale Unica di Committenza (Cuc) della Regione. La difficoltà era data dalla recente inchiesta "Sorella Sanità", che aveva escluso la società dall'assegnazione di una gara d'appalto. Per questo motivo, i due volevano provare a convincere il dirigente della Cuc Giovanni Di Leo, servendosi di un'eventuale mediazione di Cuffaro.

Secondo i pubblici ministeri, Cimo e Sciacchitano svolgevano un lavoro di intermediazione per Polygon, che li avrebbe pagati 200mila euro a testa. L'idea sarebbe stata quella di corrompere Cuffaro con una cifra compresa tra i 10mila e i 20mila euro, somma di denaro da recapitare attraverso Vito Raso, autista dell'ex Presidente della Regione siciliana.

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