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Agenti indagati per aver sparato ai killer di Legrottaglie, l’avvocato: “Rimborso spese legali non è scontato”

“Quando l’indagine si chiude, si apre un paradosso tutto italiano: il rimborso delle spese legali sostenute dall’agente potrebbe essere non scontato né integrale perché sono giudicate eccessive perfino le tariffe medie” ha dichiarato l’avvocato Giorgio Carta, uno dei legali dei poliziotti indagati dalla procura di Taranto dopo aver ucciso l’uomo che era in fuga dopo l’omicidio del brigadiere Carlo Legrottaglie.
A cura di Antonio Palma
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L’indagine a carico dei due poliziotti che hanno sparato ai due malviventi coinvolti nella morte del brigadiere capo Carlo Legrottaglie, "è un atto dovuto" ma dopo le indagini "Si apre un paradosso tutto italiano: il rimborso delle spese legali sostenute dall’agente potrebbe essere non scontato né integrale". Lo ha sottolineato l'avvocato Giorgio Carta, uno dei legali dei poliziotti indagati dalla procura di Taranto.

"L’apertura di un’indagine a carico dei due poliziotti intervenuti nello scenario critico dell’uccisione del brigadiere Legrottaglie, è un passaggio giuridicamente necessario. È il cosiddetto ‘atto dovuto': una garanzia di legalità, non un’accusa, che ci consentirà di partecipare a momenti chiave dell’accertamento tecnico, in primis l’autopsia, con nostri consulenti tecnici. È, quindi, una misura che tutela anche i poliziotti indagati, consentendo loro di concorrere a far emergere la verità in modo pieno e verificabile" ha spiegato il legale in un lungo post social dove però ha analizzato quello che avviene dopo le indagini.

"Quando, una volta chiarite le dinamiche, l’indagine o il processo si chiudono con un pieno proscioglimento, si apre un paradosso tutto italiano: il rimborso delle spese legali sostenute dall’agente potrebbe essere non scontato né integrale. La criticità è che il nostro ordinamento prevede che l’Avvocatura dello Stato valuti la “congruità” della parcella legale pagata da militari e poliziotti, potendo anche decurtarla in nome di esigenze di ‘contenimento della spesa pubblica'" ha rivelato l'avvocato.

Secondo il legale, l’Avvocatura userebbe "criteri talvolta più economico-finanziari che equitativi, in ciò peraltro supportata dalle sentenze dei tar". "Il rischio, tutt’altro che remoto, è che la tutela resti sulla carta e che il poliziotto venga rimborsato solo in parte, visto che non di rado sono giudicate eccessive perfino le tariffe medie" ha aggiunto Carta spiegando che nemmeno il recente decreto sicurezza ha messo mano a questa dinamica.

"Questa situazione genera un effetto dissuasivo concreto: chi sa di poter finire indagato anche in casi evidenti di legittimo intervento e sa che dovrà difendersi in tutto o in parte a proprie spese, sarà indotto, anche inconsciamente, a esitare. Ma un poliziotto che esita, per paura delle conseguenze giudiziarie o economiche, non è più in grado di tutelare la sicurezza pubblica né sé stesso" fa notare il legale, concludendo: "Se davvero lo Stato vuole dimostrare vicinanza alle proprie forze dell’ordine, la tutela legale non può essere soggetta a sconti o a revisioni contabili. È un dovere, non un favore. Lo Stato che pretende rischio personale e coraggio dai propri uomini deve offrire loro certezze. Non lasciare che, finita l’indagine, restino solo silenzi  e conti da pagare."

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