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Accusata di aver adescato bambine, ma era il compagno a usare il telefono: “Finalmente la verità”

La donna, residente a Termini Imerese, rischiava di dover scontare 10 anni di carcere con l’accusa di pedopornografia, ma la Corte d’assise ha riconosciuto la sua innocenza. L’avvocato difensore, Fabio Trombetta, a Fanpage.it: “Fondamentali le testimonianze delle giovani vittime”. Condannato a 11 anni l’ex compagno.
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Ha rischiato una condanna a 10 anni di carcere per pedopornografia, ma lo scorso marzo è stata assolta dalla Corte d’assise per non aver compiuto il fatto.

In questi giorni sono state infine depositate le motivazioni della sentenza e la donna potrà finalmente lasciarsi l’orribile vicenda alle spalle e andare avanti.

Soddisfazione quella espressa dall’avvocato difensore, Fabio Trombetta, che intervistato da Fanpage.it ripercorre le tappe di un processo durato complessivamente quasi tre anni.

La lunga vicenda giudiziaria che ha visto inizialmente la coppia di Termini Imerese come protagonista, con l’accusa di pedopornografia, è scoppiata nell’agosto 2020.

La segnalazione che ha fatto scattare il primo arresto dell’uomo era partita dai genitori delle giovani vittime (tutte bambine d’età compresa tra i 9 e i 13 anni) che, insospettiti da un uso anomalo dei telefoni cellulari da parte delle figlie, avevano notato inquietanti scambi di messaggi su Instagram con quelli che già dalle foto profilo hanno riconosciuto essere degli utenti fake.

Allarmati, hanno approfondito la questione con le proprie bambine, venendo così a scoprire l’orrore nel quale erano immerse: l’adescatore si celava sotto falsi profili di coetanei delle piccole, anche in versione femminile.

Le scuse usate per irretire le ragazzine, secondo la ricostruzione dell’avvocato della donna, erano svariate: offriva loro un aiuto per svolgere i compiti o puntava direttamente sulle insicurezze tipiche di quell’età pre-adolescenziale, diventando così confidente delle bambine, che spesso si aprivano su temi delicati come il bullismo subito tra le pareti scolastiche o il timore di trovarsi brutte.

Dopo aver conquistato la fiducia delle giovanissime vittime, l’adescatore entrava in discorsi esplicitamente sessuali, chiedendo alle bambine di mandargli foto e video mentre compivano atti di autoerotismo.

Ma l’orrore non finiva qua: l’enorme quantità di materiale accumulata dall’uomo (gli inquirenti parlano di oltre 100mila file trovati durante le perquisizioni) veniva in seguito divulgata attraverso la piattaforma Telegram.

Nel corso delle indagini è addirittura emerso un canale gestito, secondo l’iniziale accusa dalla coppia – secondo la recente assoluzione, invece, esclusivamente dall’uomo – con oltre 50mila iscritti.

Con il procedere delle indagini, però, si era arrivati all’arresto anche della donna, avvenuto nel novembre dello stesso anno. Durante una perquisizione dell’abitazione della coppia a Termini Imerese, comune della città metropolitana di Palermo, gli agenti avevano sequestrato due smartphone, cinque hard disk e una pendrive: al loro interno, tutte le prove delle attività criminali dell’uomo.

Ma una scoperta in particolare aveva fatto propendere il pm per il coinvolgimento anche della compagna: alcune conversazioni scambiate con le giovani vittime tramite app di messaggistica erano avvenute con un profilo-esca dal volto femminile, generalmente presentato con il nome di Lara.

Indizio giudicato ancor più grave, certe volte questi adescamenti erano stati messi in atto proprio dal cellulare della compagna.

Queste presunte prove erano quindi bastate per far incarcerare nel novembre 2020 anche la donna, con l’ipotesi che si trattasse di una perversione erotica della coppia. Ma il primo periodo dietro le sbarre è durato poco per entrambi: per un vizio di forma, i due sono stati scarcerati e sottoposti agli arresti domiciliari.

Sempre secondo quanto riferito dall’avvocato Trombetta, in questa occasione, nonostante la condanna pendente, l’uomo si è macchiato nuovamente dello stesso reato: con la scusa di voler sentire il figlio avuto da un’altra relazione, ha preteso che la moglie gli comprasse un nuovo telefono.

“Ormai i due non stanno più insieme, ma prima quella che al tempo era la sua compagna, per quanto di fatto separati in casa, viveva in una condizione di subordinazione – spiega l’avvocato della donna – vessata dal marito e sottoposta a violenze psicologiche e fisiche”.

Per evitare che il compagno potesse nuovamente usare il suo smartphone, memore della precedente incarcerazione, e succube del carattere autoritario e violento dell’uomo, la donna aveva quindi assecondato la sua richiesta.

Ma una volta dotato di un nuovo cellulare, inizialmente nascosto agli inquirenti, l’uomo non ci ha pensato due volte e ha ricominciato ad adescare bambine online, sempre nella provincia di Catania.

A quel punto è scattato il secondo arresto, per entrambi: per la donna, giudicata possibile complice, era stata avanzata la richiesta di aggravamento.

Ma mentre il compagno ad oggi non è ancora uscito da quella cella, la donna – dopo un primo periodo, in attesa del processo, di scarcerazione con obbligo di firma – il 3 marzo 2023 è stata assolta con formula piena, per non aver commesso il fatto.

La linea difensiva dell’avvocato Trombetta, come da lui stesso spiegato, si è incentrata su due cardini: intanto, è stata fatta la scelta di non sentire nuovamente le giovani vittime, per non sottoporle a ulteriore stress psicologico, basandosi sulle numerose dichiarazioni raccolte fino a quel momento.

Di fondamentale importanza per l’assoluzione della donna, chiamata a spiegare le ragioni perché alcuni messaggi fossero stati inviati dal suo telefono privato, la testimonianza di una delle bambine: “La telecamera dell’adescatore era perennemente coperta per non mostrare il volto – ricostruisce l’avvocato – ma un giorno deve essersi distratto e una delle giovani ha detto di aver visto ‘un vecchio di 40 anni, pelato’. L’uomo stava usando il cellulare della moglie in quel momento, quindi era la prova che ci fosse solo lui dietro a tutto”.

La seconda chiave che ha portato all’assoluzione della donna è stata la testimonianza proprio dell’accusato, richiesta dal legale della donna.

Chiamato alla sbarra, dopo due anni di carcere e senza alcun contatto con la ex convivente, l’uomo ha presentato una versione dei fatti che combaciava con quella della compagna, scagionandola.

La donna, che nel frattempo ha ufficialmente lasciato l’ex partner, dopo aver rischiato una condanna a 10 anni per pedopornografia è stata infine assolta con formula piena per non aver commesso il fatto, e potrà finalmente mettersi questo incubo alle spalle. L’ex compagno, invece, dovrà scontare 11 anni di carcere.

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