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Aborto nel bagno del Pertini: il ministero chiede chiarimenti alla Regione Lazio

L’Asl nel frattempo ha diramato un comunicato e fatto sapere che “Valentina è stata seguita dal personale che ha l’obbligo dell’assistenza anche nel caso di obiezione di coscienza. Nel caso specifico da due medici non obiettori che fanno parte dell’equipe istituzionalmente preposta all’interruzione volontaria di gravidanza”.
A cura di D. F.
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La Regione Lazio dovrà chiarire al Ministero della Sanità il caso dell'interruzione di gravidanza nel bagno dell'ospedale Pertini di Roma e fare maggiore luce sul racconto di Valentina, una ragazza di 28 anni romana che ha raccontato di essere stata costretta ad abortire nella toilette dell'ospedale con il solo aiuto del marito perché non erano presenti medici non obiettori di coscienza. Nicola Zingaretti, governatore del Lazio, ha già annunciato che sono in corso verifiche per chiarire come si sono svolti gli eventi.

Nel frattempo vediamo i numeri: nella Regione Lazio 4 medici su 5 sono obiettori di coscienza e si rifiutano di effettuare interruzioni di gravidanza volontarie: un recente sondaggio mostra come solo il 18,1% del personale medico non sia obiettore di coscienza: percentuale che aumenta al 28,5% tra gli estetisti e al 39,4% tra le ostetriche. Numeri che parlano chiaro e fotografano la realtà con la quale si è dovuta scontrare Valentina Magnanti, affetta da una malattia genetica trasmissibile che al quinto mese di gravidanza ha scoperto che la bambina che portava in grembo era gravemente malata.

In questo quadro è intervenuta anche l'Asl di Roma, che in un comunicato ha reso noto che " Valentina è stata seguita dal personale che ha l'obbligo dell'assistenza anche nel caso di obiezione di coscienza. Nel caso specifico da due medici non obiettori che fanno parte dell'equipe istituzionalmente preposta all'interruzione volontaria di gravidanza". E anche il Ministero della Salute è intervenuto: "Abbiamo chiesto alla Regione Lazio degli approfondimenti sulla vicenda. In particolare è stato chiesto alla Regione se abbia intrapreso azioni volte ad accertare che nelle strutture sanitarie preposte sia assicurato l’espletamento delle procedure previste dalla legge 194 del 1978".

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