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Abbonamenti pirata alle pay tv, denunciati 223 clienti: rischiano 8 anni di carcere

Per la prima volta denunciati anche i fruitori degli abbonamenti illegali alle pay tv. L’attività di indagine è stata condotta dalle Fiamme gialle in mesi di lavoro che hanno avuto come fine ultimo lo smantellamento di una delle principali modalità di distribuzione illecita dei contenuti, ossia la Iptv.
A cura di Antonio Palma
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Guai in vista per tutti quelli che hanno cercato di truffare le pay tv usufruendo di abbonamenti pirata. Per la prima volta in Italia, infatti, sono stati denunciati all'autorità giudiziaria non solo chi commercializzava abbonamenti pirata ma anche cittadini che hanno utilizzato gli abbonamenti non ufficiali alle pay tv per guardare in maniera illegale serie, film ed eventi sportivi. Le indagini, condotte dagli uomini del Nucleo speciale beni e servizi della guardia di Finanza di Roma, ne hanno individuati centinaia, per la precisione 223, tutti ora denunciati e col rischio di una pesante condanna. La legge sul diritto d'autore, infatti, accanto alla confisca degli strumenti utilizzati, prevede anche la reclusione fino ad otto anni di carcere e una multa fino a 25mila euro. In caso di condanna verranno confiscati anche televisore, computer o smartphone.

L'attività di indagine è stata condotta dalle Fiamme gialle in mesi di lavoro che hanno avuto come fine ultimo lo smantellamento di una delle principali modalità di distribuzione illecita dei contenuti, ossia la Iptv (internet protocol television). Si tratta di una tecnica della pirateria mediante la quale i ‘pirati' acquisiscono e ricodificano i segnali televisivi delle maggiori piattaforme a pagamento per poi distribuirli attraverso internet, sotto forma di un flusso di dati ricevibile. Gli utenti pagano un abbonamento decisamente inferiore rispetto a quello standard e usufruiscono del segnale attraverso  pc, smart-tv, tablet, smartphone o decoder connesso alla rete.

L'inchiesta, che si è avvalsa anche della collaborazione di natura tecnica della Fapav (federazione per la tutela dei contenuti audiovisivi e multimediali), ha scoperto decine di ‘reseller' e centinaia di clienti che, acquistando gli abbonamenti, hanno alimentato questo mercato nero delle pay tv. Secondo gli inquirenti, acquistando questa tipologia di abbonamento, i fruitori dovevano condividere con vere e proprie realtà criminali i propri dati personali, inclusi quelli anagrafici e bancari, di fatto esponendosi a rischi, anche informatici, di vario tipo oltre a lasciare traccia delle attività illecite effettuate. L'indagine della Guardia di Finanza però non si ferma ed è tutt'ora in corso: sono infatti ancora diverse le persone da identificare, tutti clienti che hanno acquistato abbonamenti illegali e che si sono rese responsabili del reato di ricettazione.

Si tratta di "un’operazione cruciale che, per la prima volta in Italia, interessa non solo i gestori dei portali pirata ma anche gli stessi fruitori di questi servizi”, ha commentato il Segretario Generale FAPAV Federico Bagnoli Rossi, aggiungendo: "I dati condotti nell’ambito della nostra ricerca FAPAV/Ipsos rivelano la spaventosa crescita delle IPTV illegali. In un solo anno abbiamo assistito ad un incremento di oltre un milione di fruitori. Un servizio illegale che, nella maggior parte dei casi, prevede la sottoscrizione di un abbonamento che va ad alimentare un mercato parallelo, illegale, che depaupera investimenti e risorse nel settore audiovisivo, cinematografico e sportivo". Azioni di questo tipo sono decisive e devono continuare. La pirateria è un problema ancora troppo sottostimato nella percezione comune. Le azioni di ognuno di noi si ripercuotono su un più ampio sistema e hanno delle conseguenze importanti" ha concluso Bagnoli Rossi.

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