A processo il guru degli integratori “snellenti”: “Risulta nullatenente per non versare risarcimento”

Il nuovo capitolo del caso Aloe Ghignone si apre con un rinvio a giudizio. Gianfranco Lanza, 57 anni, ragioniere di Pecetto Torinese e volto pubblico del marchio, insieme alla sorella Manuela, dovrà rispondere dell’accusa di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice. Secondo la procura, i due avrebbero di fatto sottratto alla giustizia il denaro necessario a risarcire una cliente, spostando i proventi dell’attività su un conto intestato alla sorella.
In aula i due imputati non si sono presentati. C’era invece lei, la donna che da anni aspetta i 18 mila euro fissati dalla sentenza definitiva.
La storia comincia più di un decennio fa, nella sede dell’Aloe Ghignone a Pecetto. È lì che Lanza accoglie i clienti in camice bianco, presentandosi come naturopata. Propone creme, succhi, flaconi e shampoo all’aloe, attribuendo ai prodotti “snelling” proprietà terapeutiche di ogni genere, anche in ambiti delicatissimi come l’oncologia. Convinta dalle sue rassicurazioni, la cliente acquista merce per oltre 33 mila euro: spera di perdere peso e di alleviare i problemi di salute del figlio gravemente malato.
Ma i benefici non arrivano. Non solo: le analisi successive rivelano che nei flaconi l’aloe è al 10%, non all’84% dichiarato, e proviene dall’Italia, non dal Brasile. Scattano gli accertamenti dei Nas e parte la denuncia. Nel 2017, il tribunale condanna Lanza per truffa e frode alimentare; in appello la pena si riduce a tre mesi, la truffa viene prescritta, ma la frode resta. Resta soprattutto il risarcimento, che la donna tenta poi di ottenere in sede civile.
È in quella fase che i giudici individuano elementi “anomali”: l’attività prosegue, ma formalmente Lanza risulta nullatenente. I movimenti finanziari passano attraverso il conto della sorella, così il tribunale stabilisce che sarà lei a versare il risarcimento in rate annuali da 3.600 euro fino al 2025. Parallelamente, la procura ritiene che i fratelli abbiano “simulato” la situazione economica per eludere il pagamento: da qui il nuovo processo.
Intanto, il marchio Aloe Ghignone continua a essere in vendita. Le etichette “snelling” non compaiono più, ma nella sede di Pecetto restano cartelli che richiamano i pazienti in chemioterapia. Online, l’azienda avverte: “La salute non è in saldo”. E precisa che gli integratori non sostituiscono cure mediche.