81 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito

Affetta da quattro malattie rare, diventa mamma: “Ecco Tommaso, lui è il mio miracolo”

Caterina Simonsen è diventata mamma. La 30enne aveva catturato l’attenzione dei social dopo aver parlato della sua malattia e dell’importanza della sperimentazione sugli animali. La ragazza è infatti affetta da quattro malattie genetiche rare ed è costretta a terapie quotidiane. Il figlio ha da poco compiuto sei mesi e la mamma racconta la sua nuova, bellissima avventura.
A cura di Biagio Chiariello
81 CONDIVISIONI
Immagine

Un miracolo che si chiama Tommaso. Un bimbo nato prematuro alla 32esima settimana che si è aggrappato alla vita con tutte le sue forze. Esattamente come ha fatto la sua mamma, Caterina Simonsen, in tutti questi anni. 30 anni appena compiuti, mamma dal 28 marzo, la donna era diventata famosa nel 2014 per la campagna social #IoconoscoleMR a favore della ricerca scientifica e della sperimentazione animale. "Sono nata con delle malattie genetiche rare che colpiscono io miei polmoni, fegato, sistema immunitario e diaframma; Verso i 23/24 anni sono peggiorata molto e la mia aspettativa di vita era molto bassa, nel 2014 mi hanno fatto una serie di interventi rischiosi e anche innovativi ai polmoni e pian pianino sono riuscita a migliorare e avere man mano una vita più decente. Nel 2017 mi hanno approvato una terapia orfana (molto costosa e fatta per flebo una volta alla settimana), mirata a compensare il danno polmonare di una delle malattie" spiega la neomamma sul suo blog breathemamma.blogspot.com.

Nel febbraio 2014 Caterina conosce Domenico. La loro storia d’amore li spinge pian piano a voler diventare genitori. A tre anni di distanza, nel settembre 2017 e dopo aver sentito il parere dei medici, la scoperta: Caterina era incinta. "Un sacco di paura… – spiega la trentenne – una settimana intera a fare esami per capire se avrei potuto portarla avanti o interrompere, siamo andati anche dalla psicologa perché il ruolo che avrebbe dovuto assumere Dome era molto più importante rispetto a quello di qualsiasi padre, e se lui non fosse pronto (aveva 25 anni!) io da sola non sarei riuscita a crescere il bimbo, quindi il ‘tenerlo' dipendeva molto anche da lui, con tutti i rischi (per me e il bimbo) legati alla gravidanza…." E così la decisione di portarla avanti. Sette mesi dopo, la nascita di Tommaso, a 32 settimane. Caterina si era cancellata da Facebook un anno fa, dopo gli insulti ricevuti per la sua campagna sulla sperimentazione animale. Ma ha tenuto aperto il suo account Instagram, in cui condivide quotidianamente i progressi del suo Tommaso.

Cercherò di raccontare l'essere mamma (per me) attraverso l'analogia dell'albero: i suoi bisnonni, trisnonni e avi sono le radici, il tronco sono i suoi nonni (nostri genitori), i rami siamo noi genitori, con i nostri amici (foglie e alcuni fiori) e gli zii gli altri rami. Tommaso è il nostro frutto, anzi, è il seme racchiuso dentro il frutto e noi dobbiamo fare del meglio perché quel seme sia bilanciato, forte, sano, ben attaccato, e conosca il suo albero e la sua foresta, così da poter staccarsi quando per lui sarà il tempo giusto e cominciare un albero tutto suo, dove vorrà lui, noi lo cresciamo perché lui crei un magnifico e resistente albero, in un posto sicuro nella foresta, dove lui possa essere sereno, dove saprà superare ad ogni avversità, nella speranza che anche lui sia sempre rigoglioso, con tante foglie che gli facciano compagnia anche in inverno e doversi fiori. Tommaso non è "mio", lui è di sé stesso, io ho soltanto il compito di prepararlo, orientarlo e dargli tutta la sicurezza necessaria perché lui possa un giorno vivere la sua vita con coscienza, felicità e serenità. Certamente resteremo sempre la sua rete di sicurezza, sempre pronti per dargli una mano ad andare avanti, ma una volta che il seme comincia a fare l'albero, sparisce e non riesce a tornare indietro. Così semmai da grande albero avrà bisogno di essere aiutato lo aiuteremo, ma accoglierlo e nutrirlo come se fosse il nostro piccolo seme, una volta cresciuto e con la propria vita nelle sue mani, non saremo più in grado di farlo. Diventeremo noi i suoi tronchi, non saremo più i suoi rami…. Ho il meraviglioso compito di crescere un uomo, con la difficoltà e il conflitto interno del doverlo fare per lui, non per me.Il mio piccolo seme sarà il mio piccolo seme solo per un tempo limitato, troppo breve, per cui me lo devo godere al massimo, e non cadere nell'errore di trattarlo come "il mio piccolo seme" quando sarà già un piccolo albero con le sue foglie❤❤❤. #esseregenitori #mamxmam #damammaamamma #instamamme #instamamme2 #mamma #esseremamma #lavoromamma #bimbo #6mesi #prematuro #indipendenza #crescere #responsabilità #serenità #autostima #libertà #montessori #bilingualbaby #routine

A post shared by Caterina Simonsen (@cate_simonsen) on

“Cercherò di raccontare l'essere mamma (per me) attraverso l'analogia dell'albero – racconta Caterina su Instagram – i suoi bisnonni, trisnonni e avi sono le radici, il tronco sono i suoi nonni (nostri genitori), i rami siamo noi genitori, con i nostri amici (foglie e alcuni fiori) e gli zii gli altri rami”.

Al fianco di Caterina, oltre al fidanzato Domenico, ci sono stati però i medici dell'ospedale, in particolare Andrea Vianello, direttore di Fisiopatologia Respiratoria. È stato lui a seguire Caterina durante la gravidanza.

Tommaso è il nostro frutto, anzi, è il seme racchiuso dentro il frutto e noi dobbiamo fare del meglio perché quel seme sia bilanciato, forte, sano, ben attaccato, e conosca il suo albero e la sua foresta, così da poter staccarsi quando per lui sarà il tempo giusto e cominciare un albero tutto suo, dove vorrà lui, noi lo cresciamo perché lui crei un magnifico e resistente albero, in un posto sicuro nella foresta, dove lui possa essere sereno, dove saprà superare ad ogni avversità, nella speranza che anche lui sia sempre rigoglioso, con tante foglie che gli facciano compagnia anche in inverno e doversi fiori.

Tommaso non è "mio", lui è di sé stesso, io ho soltanto il compito di prepararlo, orientarlo e dargli tutta la sicurezza necessaria perché lui possa un giorno vivere la sua vita con coscienza, felicità e serenità. Certamente resteremo sempre la sua rete di sicurezza, sempre pronti per dargli una mano ad andare avanti, ma una volta che il seme comincia a fare l'albero, sparisce e non riesce a tornare indietro. Così semmai da grande albero avrà bisogno di essere aiutato lo aiuteremo, ma accoglierlo e nutrirlo come se fosse il nostro piccolo seme, una volta cresciuto e con la propria vita nelle sue mani, non saremo più in grado di farlo.

Diventeremo noi i suoi tronchi, non saremo più i suoi rami…

Ho il meraviglioso compito di crescere un uomo, con la difficoltà e il conflitto interno del doverlo fare per lui, non per me. Il mio piccolo seme sarà il mio piccolo seme solo per un tempo limitato, troppo breve, per cui me lo devo godere al massimo, e non cadere nell'errore di trattarlo come "il mio piccolo seme" quando sarà già un piccolo albero con le sue foglie".

81 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views