“Parole di Orban sul Pride mostrano solo il panico del governo”, la risposta di Amnesty International Ungheria

All'indomani del Pride più partecipato di sempre a Budapest, mentre Orbán ha detto ai suoi sostenitori di aver trovato gli eventi del Pride "ripugnanti e vergognosi", Fanpage.it ha intervistato Aron Demeter, 39enne direttore della comunicazione e delle campagne di Amnesty International Ungheria.
Viktor Orban ha appena definito il Pride di ieri “vergognoso”, cosa risponde Amnesty International che ieri ha presidiato tutto il corteo?
Secondo noi è un commento ridicolo, che mostra chiaramente il panico del governo in questo momento. E un commento che non renderà sicuramente Orban più simpatico a 200mila persone.
Quali sono le sue impressioni rispetto a ieri?
Penso che ieri sia stato davvero un momento storico. Quasi 200.000 persone hanno marciato per le strade di Budapest: è stato il Pride più grande di sempre nella capitale, ma probabilmente anche la manifestazione più grande in Ungheria, o almeno dalla transizione democratica in poi. Siamo molto soddisfatti di come è andata. Siamo molto felici che non ci siano stati episodi di violenza, né da parte dei contro manifestanti né della polizia. In generale è stata una bellissima giornata, ed è stato bello essere ungheresi e sfilare al Pride di Budapest.
Pensa che ci saranno conseguenze legali per chi ha organizzato il Pride? E nel caso in cui si verifichino, Amnesty o altre organizzazioni offriranno supporto legale?
Personalmente non credo ci saranno conseguenze legali. Penso che per il governo sarebbe politicamente troppo rischioso. Ma se dovesse accadere, le organizzazioni per i diritti umani – compresa Amnesty – sono pronte a offrire assistenza legale a chi dovesse avere problemi.
Sappiamo che a settembre Orbán promuoverà una nuova legge “sulla trasparenza”, che sarà molto dannosa per la stampa libera e per le ONG attive nel Paese. Può spiegare di che legge si tratta e quali potrebbero essere le conseguenze?
In sostanza, questa nuova legge rappresenta un ulteriore passo nella campagna del governo ungherese contro le ONG e i media indipendenti, una campagna che va avanti da più di dieci anni. Probabilmente è il passo più grave e significativo fatto finora. L’obiettivo è mettere a tacere tutte quelle istituzioni e organizzazioni indipendenti che, a detta del governo, “influenzano la vita pubblica” grazie a finanziamenti esteri. Questi fondi esteri potrebbero essere anche solo 10 euro da un altro Paese, o una sovvenzione dell’Unione Europea. In pratica vogliono fermare il lavoro della stampa libera, che altrimenti potrebbe denunciare casi di corruzione, violazioni dei diritti umani, o semplicemente raccontare cosa accade nel Paese. Vogliono anche fermare le ONG che si occupano di anticorruzione e diritti umani, soprattutto perché di solito difendiamo le persone che vanno contro il governo e lottiamo per un mondo in cui i diritti siano rispettati. E questo il governo ungherese non può accettarlo.
Si può dire che la risposta degli ungheresi alla repressione dei diritti lgbtqia+ sia solo l’inizio di un movimento più grande?
Sì, penso – o meglio, spero – che sia l’inizio di qualcosa. Ieri è stato evidente che ci sono moltissime persone non solo pronte a sostenere la comunità LGBTQI, ma anche stanche dell’attuale governo e della situazione generale. La vera domanda – e la risposta è difficile – è se ci sarà qualcuno capace di raccogliere questa energia e portarla a un nuovo livello, con un nuovo obiettivo. Ma credo si possa dire con certezza che in Ungheria c’è una parte della popolazione che si è davvero risvegliata negli ultimi mesi e chiede un cambiamento. Se qualcuno saprà organizzare questa folla – o anche una folla più ampia – sarà una pessima notizia per il governo.
Come ungherese, sente che l’Unione Europea vi stia aiutando nella difesa dei vostri diritti fondamentali?
Sì, penso che dopo un po’ le istituzioni dell’UE si siano finalmente svegliate e abbiano iniziato a prendere più seriamente la situazione ungherese. Negli ultimi anni, le reazioni sono state relativamente rapide. Hanno avviato numerose procedure contro le azioni illegittime del governo e del parlamento ungherese. Quindi direi che, in generale, c’è una buona comprensione all’interno delle istituzioni europee di cosa stia facendo Orbán. Detto ciò, credo che in molti casi la reazione dell’UE – soprattutto della Commissione Europea – avrebbe potuto essere più forte. In situazioni in cui esisteva una minaccia concreta, come nel caso del possibile divieto del Pride o della legge sulla “trasparenza” di cui abbiamo parlato, non hanno reagito con la dovuta serietà. Ci sono ancora molti strumenti a disposizione della Commissione che potrebbero essere usati contro il governo di Orban.
Come Amnesty International, pensa che si possa ancora parlare di democrazia in Ungheria?
Amnesty International in genere non classifica i Paesi in base a democrazia o autocrazia, ma sicuramente l’Ungheria non è una democrazia funzionante. Direi che è un Paese governato con forti tendenze autocratiche. Negli ultimi 15 anni, tutte le istituzioni indipendenti che dovrebbero bilanciare il potere sono state prese dal governo. Tutti coloro che dovrebbero denunciare abusi, corruzione e crimini – come le nostre organizzazioni o la stampa libera – subiscono attacchi continui da oltre 15 anni. Il governo ungherese è tristemente noto per le sue campagne d’odio contro vari gruppi sociali: persone LGBTQI, donne, rom, rifugiati, e altri ancora. Credo che l’Ungheria rappresenti un esempio molto chiaro di moderno regime populista e autocratico.