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La Ndrangheta stringe patti con la politica: maxi blitz della Dda, 97 arresti in tutta Italia

Nell’operazione antimafia “Millennium” sono stati arrestati 97 soggetti tra Calabria e altre 15 province italiane. Ai domiciliari anche l’ex assessore regionale Pasquale Tripodi. Contestati reati di mafia, droga, estorsioni e scambio elettorale politico-mafioso. Sequestrate due società.
A cura di Biagio Chiariello
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È un vero terremoto giudiziario quello che si è abbattuto oggi sulla Calabria e su numerose altre province italiane. La Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria ha coordinato una maxi-operazione dei carabinieri del comando provinciale che ha portato all’arresto di 97 persone in tutta Italia, nell’ambito dell’inchiesta denominata “Millennium”.

Tra i destinatari delle misure cautelari figura anche Pasquale Tripodi, ex assessore regionale, per il quale il giudice per le indagini preliminari Stefania Rachele ha disposto gli arresti domiciliari, accogliendo la richiesta del procuratore Giuseppe Lombardo, ma escludendo l’aggravante mafiosa.

“Millennium”, l’inchiesta sulle cosche di Sinopoli e Gioia Tauro

Le indagini si sono concentrate sulle attività delle principali cosche della ‘ndrangheta reggina, in particolare su quella di Sinopoli, storicamente riconducibile alla potente famiglia Alvaro. È finito in carcere anche Cosimo Alvaro, detto “Pelliccia”, ritenuto uno dei vertici del clan operante nella Piana di Gioia Tauro.

Le ordinanze di custodia cautelare riguardano anche altri soggetti affiliati o contigui a diversi gruppi mafiosi attivi nella zona e ben inseriti nei traffici criminali nazionali e internazionali.

L'operazione scattata all’alba in 16 province italiane

Il blitz è scattato all’alba, con l’intervento di centinaia di militari dell’Arma in 16 province italiane: da Reggio Calabria a Milano, da Nuoro a Roma, passando per Bologna, Torino, Monza e Brianza, Pavia, Cosenza, Catanzaro, Vibo Valentia, Rimini, Verona e Agrigento.

Un’operazione imponente, frutto di anni di indagini, che ha puntato a disarticolare una rete criminale capace di gestire traffici di droga, estorsioni, armi e persino scambi elettorali politico-mafiosi.

I reati contestati: dalla mafia allo scambio elettorale

La lista delle accuse formulate dalla Dda di Reggio Calabria è lunga e pesante. I reati contestati vanno dall’associazione mafiosa al concorso esterno, dall’associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti, fino alla detenzione e spaccio di droga, estorsione, sequestro di persona a scopo di estorsione, scambio elettorale politico-mafioso e detenzione illegale di armi.

Secondo gli inquirenti, le cosche avevano messo in piedi un sistema criminale altamente organizzato, capace di gestire in regime di monopolio il traffico di cocaina grazie a una struttura unitaria e sovraordinata, che fungeva da coordinamento tra i vari clan.

Sequestrate società legate alla ristorazione e all’edilizia

Contestualmente agli arresti, il gip ha disposto anche il sequestro preventivo di due società, una attiva nel settore della ristorazione, l’altra nell’edilizia, ritenute strumentali alle attività illecite dell’organizzazione mafiosa.

Gli investigatori ritengono che queste imprese fossero riconducibili direttamente agli indagati e servissero a riciclare denaro proveniente dai traffici criminali.

Politici coinvolti: nessun eletto in carica tra gli arrestati

Tra i destinatari delle misure cautelari non figurano politici attualmente in carica, ma alcuni soggetti che hanno partecipato alla campagna elettorale per le regionali del 2020 in Calabria.

Secondo le prime indiscrezioni, tra questi ci sarebbe anche Pasquale Tripodi, che da tempo ha abbandonato la politica attiva. Nonostante ciò, per la procura sarebbe rimasto in contatto con ambienti opachi.

Gli ex consiglieri regionali Nicolò e Romeo solo indagati

Nell’ambito dell’operazione Millennium, risultano indagati a piede libero anche due nomi noti della politica calabrese: Sebastiano Romeo, detto “Sebi”, esponente del Partito Democratico, e Alessandro Nicolò, ex Fratelli d’Italia e già imputato nel processo “Libro Nero”, dove è accusato di rapporti con la ‘ndrangheta.

Entrambi, pur non essendo destinatari di misure cautelari, restano sotto la lente della magistratura.

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