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Il nuovo Codice della strada finisce davanti alla Consulta, come può cambiare la regola sulle droghe

La controversa riforma del Codice della strada che punisce l’uso di sostanze stupefacenti anche quando queste non creano alterazione psicofisica è finita davanti alla Corte costituzionale. A chiedere un intervento è il tribunale di Pordenone, per il caso di una signora risultata positiva agli oppiacei nelle analisi delle urine, e negativa in quelle del sangue.
A cura di Luca Pons
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Il nuovo Codice della strada varato dal ministro dei Trasporti Matteo Salvini finisce davanti alla Corte costituzionale, in particolare per la norma sull'utilizzo di sostanze stupefacenti. Come segnalato da numerosi esperti del settore, le nuove regole rischiano di sollevare incertezze in molti casi.

La giudice per le indagini preliminari di Pordenone Milena Granata ha chiesto l'intervento della Corte perché la norma, attualmente, è ambigua: si può essere puniti con sanzioni dure (fino a 6mila euro di multa, un anno di arresto e due anni di patente sospesa) semplicemente se un test risulta positivo; non importa se gli altri risultano negativi, e non importa nemmeno se la persona era in uno "stato di alterazione psico-fisica" alla guida, come prevedeva prima il Codice. Ora i giudici costituzionali dovranno decidere se il ricorso è valido e se la norma rispetta la Costituzione.

La riforma del Codice, infatti, ha rimosso tutti i riferimenti allo "stato di alterazione psico-fisica". Prima non si puniva l'atto in sé di aver usato delle sostanze stupefacenti, ma il fatto che questo uso aveva causato un'alterazione, e quindi un pericolo per la sicurezza stradale. Ora invece basta aver assunto una droga o un medicinale con oppiacei, ma i test per dimostrare che questo è successo sono poco chiari.

Il problema riguarda soprattutto i malati che usano cannabis terapeutica, per i quali è arrivata una circolare specifica che tenta di evitare ambiguità. Ma non solo, come ha mostrato il caso finito davanti alla gip di Pordenone e da lì alla Corte costituzionale.

Si tratta di una signora che è stata fermata la sera della vigilia di Natale del 2024, dopo aver colpito un'altra macchina con la sua auto. La donna ha detto di aver preso alcune gocce di ansiolitico (ma più tardi ha spiegato che le aveva prese dopo l'incidente, non prima) e un farmaco che contiene codeina, un oppiaceo, per il quale aveva regolare ricetta. Portata in ospedale, ha fatto le analisi del sangue e quelle delle urine. Le prime sono risultate negative, le seconde positive.

Il problema è che nell'urina le sostanze possono restare molto più a lungo, giorni o anche settimane, mentre nel sangue spariscono dopo 48-72 ore. Questo dovrebbe significare che la signora aveva assunto il farmaco due o tre giorni prima dell'incidente. Eppure per il nuovo Codice della strada va comunque punita, perché un esame è risultato positivo. A prescindere dal fatto che, si presume, non può essere stato quel farmaco a portarla a sbandare due o tre giorni dopo. Ma non essendo più necessario dimostrare "l'alterazione psico-fisica", questo teoricamente non conta.

Non è la prima sfida legale per il Codice della strada di Salvini. Dopo il caso di un'insegnante che si è vista sequestrare la patente nonostante usi cannabis terapeutica, l'associazione Meglio legale ha fatto ricorso e chiesto di sollevare la questione di legittimità costituzionale sulla stessa norma. Ora che l'ha fatto il tribunale di Pordenone, il rischio per il governo è che quel passaggio della legge sia dichiarato incostituzionale e quindi vada ritirato.

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